Caso Corazzin, Izzo non risulta credibile «Ha mentito anche questa volta»
SAN VITO
«Angelo Izzo ha mentito anche sul caso Corazzin, così come ha sempre fatto nella sua carriera criminale». È questo quanto ha ritenuto la Procura di Perugia, sulla base dell’esito dell’analisi che ha disposto sulle dichiarazioni, rese alla procura di Belluno, del detenuto noto per il massacro del Circeo e altre vicende, circa i presunti rapimento, stupro di gruppo e omicidio di Rossella Corazzin, la 17enne di San Vito al Tagliamento scomparsa il 21 agosto 1975 a Tai di Cadore. Accertamenti che sono alla base delle richieste di archiviazione del procedimento nato da quelle dichiarazioni. L’avvocato Antonio La Scala sta ancora esaminando il fascicolo, ricevuto soltanto poche settimane fa: avrà tempo sino a metà settembre per eventualmente opporsi all’archiviazione, purché voglia procedere in tal senso la zia di Rossella, Giuseppina Trevisan, 84enne di Tai di Cadore.
L’allora procuratore di Belluno, Francesco Saverio Pavone, aprì il procedimento al primo interrogatorio di Izzo, il 12 agosto 2015. Seguì un secondo interrogatorio per ottenere alcune precisazioni, il 9 dicembre 2016, poi Izzo ne fornì altre, con una lettera dal carcere di Velletri. Il suo racconto partiva dal contesto in cui si muovevano lui e altre persone: estremismo nero, rapine, stupri, omicidi. Corazzin sarebbe stata rapita perché vergine. Poi segregata a Riccione, in un vecchio casolare, sotto sedativi. Infine, condotta in una villa sul Trasimeno, in provincia di Perugia (la località è poi stata identificata con quella di Magione), dove circa a metà settembre 1975 sarebbe stata stuprata in branco, in una sorta di rituale esoterico-cavalleresco (non satanico, a suo dire). E, «forse», uccisa. Lui avrebbe partecipato attivamente «soltanto» allo stupro. Il resto gli sarebbe stato raccontato: Izzo ha fatto i nomi di una dozzina di persone, una parte delle quale defunte, alcune della Roma “bene” quanto criminale, altre umbre. Solo alcuni potenzialmente implicati nel presunto omicidio, unico dei reati ancora perseguibile.
La procura veneta nel 2015 e nel 2016 confrontò le indagini degli anni Settanta, quelle partire nel 1990 (sulla base di una lettera anonima) e nel 2003 (sulla base di una testimonianza) e le dichiarazioni di Izzo. Le varie testimonianze e la famosa lettera di Rossella in cui parlava del presunto conoscente “Gianni”. E le varie piste che allora erano finite con un nulla di fatto. Dalle indagini si rilevavano contraddizioni, ma anche ipotesi, da verificare, di nessi tra fatti e persone evocate da Izzo e altre circostanze e nomi.
Il fascicolo passò a Perugia, per competenza, nel dicembre 2016. All’analisi di quanto detto da Izzo e di tutte le indagini già svolte, si è aggiunta quella delle varie sentenze nelle quali emergevano falsità pronunciate da Izzo, nonché quella del materiale già disponibile sul caso Corazzin e altri su stampa, trasmissioni televisive e siti web. Si è così giunti alle richieste di archiviazione del procedimento al giudice per le indagini preliminari. L’ultima, firmata dal procuratore aggiunto Antonella Duchini, risale al 14 novembre 2017. In estrema sintesi, anche stavolta Izzo avrebbe mentito, tentando di dare credibilità al suo racconto traendo spunto da notizie o altre vicende già note. Stavolta avrebbe aggiunto in più il fattore “esoterico” quale movente e relative presunte conoscenze in quegli ambienti, tra l’altro mai evocati nella sua “carriera”.
Martedì cadrà il 43esimo anniversario della scomparsa di Rossella. A San Vito, la cugina di secondo grado Mara Corazzin non si dà pace. Vuole che le indagini proseguano. Una speranza di ottenere giustizia e dare una risposta all’angosciante domanda: che fine ha fatto Rossella? —
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