Caso imam: «Io genitore “contro” ma non chiamatemi razzista»
AGORDO. Quarantaquattro famiglie “impongono” la propria volontà alle restanti 191 e i genitori si dividono. Per qualcuno “abbiamo vinto noi”, per altri “ha perso la democrazia”.
Sono questi i dati e le parole che dimostrano come la retromarcia della scuola media “Pertile” sulla partecipazione dell'imam Kamel Layachi a scuola non spenga affatto la discussione e ponga nuove questioni: l'autonomia scolastica? La fiducia delle famiglie negli insegnanti? È giusto che la volontà di pochi condizioni la libertà di molti? Come si definisce la mossa di Salvini di postare su Facebook il numero della scuola invitando a telefonare?
Ieri intanto, dopo la notizia della rinuncia della scuola a Layachi, i telefoni si sono calmati e il dirigente scolastico, Bernardino Chiocchetti, ha verificato attraverso i libretti degli alunni quante famiglie li avrebbero fatti partecipare all'incontro e quante no. Il risultato dice 191 a 44, cioè l'81,3% contro il 18,7%. Nei fatti, tuttavia, il rapporto si è invertito.
«Abbiamo vinto noi», scrive una mamma, Eva Olivier, su Facebook. «In questi giorni non stavo bene e non ho parlato con il preside», spiega poi al telefono. «La mia contrarietà? La cosa non era stata concordata con i genitori e io non sono d'accordo che un imam parli a dei dodicenni, non ne vedo il motivo». «Se si vuole fare integrazione», aggiunge, «allora si invitino tutte le religioni alla presenza dei genitori. Questo è un momento critico, non si possono fare queste cose all'insaputa dei genitori. Mi hanno dato della razzista, ma non lo sono. Propongo che facciano più incontri sulle disabilità».
«Le cose che mi hanno spinto a non autorizzare mio figlio a partecipare», dice un'altra mamma, «sono da un lato il fatto che la scuola abbia consegnato un avviso senza spiegare bene la cosa e poi che mio figlio aveva paura. Lui sente e vede in tv quello che succede nel mondo e non è bastato spiegargli che non tutti i musulmani sono cattivi. E poi mi chiedo: cosa avrebbero capito dei dodicenni?».
La maggioranza dei genitori, però, è rammaricata e delusa. «Credo che quello che è successo sia una mancanza di democrazia», dice un papà, Massimo Miana, «la posizione di un certo numero di persone influenza in maniera pesante quella che è la posizione degli altri. Sei costretto a subire la posizione altrui: perché togliamo a qualcuno la possibilità del confronto? Premetto che io avrei gestito la cosa in maniera diversa, optando per un dialogo tra le tre grandi religioni monoteiste».
«Credo che abbiamo tanto bisogno di crescere», dice un altro papà, Damiano Soppelsa «abbiamo perso un'occasione per imparare. La comunicazione della scuola? A dire il vero io mi fido della scuola, in questi anni non mi risulta siano mai state fatte cose negative».
«Penso sia stata una mancanza di rispetto nei confronti di chi voleva che i suoi figli partecipassero», dice Silvio Del Chin «come famiglia eravamo stati avvisati. Quando Layachi verrà ad Agordo ad aprile ci andrò sicuramente. Questa storia mi ha fatto venire tanta curiosità».
«Anch'io avevo detto a mio figlio di partecipare all'incontro» dice Gianpeppino Bressan «adesso andremo assieme a quello di aprile».
Gianni Santomaso
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