Caso Ramazzina attacco alla giunta della minoranza
AGORDO. “È un disastro annunciato, ora tocca al sindaco aprire la terza busta».
Se Claudio Sito, consigliere di minoranza di “Agordo Casa Comune” preferisce aspettare un confronto personale con Angelo Ramazzina prima di commentare la notizia delle sue dimissioni da vicesindaco, assessore e consigliere di Agordo, i rappresentanti di “ImmaginiaAmo Agordo” mettono il dito nella piaga.
Per loro le motivazioni addotte da Ramazzina («impegno lavorativo inconciliabile con quello amministrativo») sarebbero solamente di facciata. Dietro ci sarebbero invece problemi politici interni alla maggioranza. «Conosco Angelo da tempo», dice Cristina Bien che era stata in giunta assieme nella seconda parte della scorsa legislatura «è una persona responsabile: quando si è candidato e poi ha accettato il ruolo di vicesindaco sapeva benissimo quali fossero i suoi impegni lavorativi che non sono una novità».
«Se poi le motivazioni fossero queste», continua Bien «allora avrebbe potuto benissimo restare in maggioranza come semplice consigliere e dare una mano al suo gruppo. Invece no. Che le ragioni non siano quelle professionali, lo ha fatto capire lui stesso con la storiella delle tre buste».
Di parere uguale Roberto Chissalè. Le tre buste, secondo la storia raccontata da Ramazzina, sarebbero quelle lasciategli in eredità dal suo predecessore nel 2004. Andavano aperte nei momenti di difficoltà. La terza invitava a preparare tre buste per il successore. «Se la causa delle dimissioni è data dal lavoro», dice Chissalè, «bastava una busta. E invece di buste ce ne sono tre: rappresentano un percorso di difficoltà e di meditazione che ha portato a una scelta che esula dall'aspetto professionale. Diciamo che è stato un messaggio in codice». «Qualcosa non funziona all'interno della maggioranza», traduce Giulio Favretti, «questo è ovvio». Un modo, quello con cui Ramazzina ha dato le dimissioni, che non è comunque piaciuto ai consiglieri di “Immaginiamo Agordo”. «È dispiaciuto leggere le parole di Ramazzina», attacca Cristina Bien «non siamo in un quiz televisivo, ma in un momento in cui sono richieste serietà e responsabilità». «A 60 anni», aggiunge Favretti «credo che si potesse assumere la responsabilità di dire le cose come stanno, con più chiarezza e lealtà».
Di avviso diverso Claudio Sito, amico di lunga data di Ramazzina. «Rispetto la decisione di una persona che ha dimostrato di saper stare nel posto che ricopriva», dice «penso ci siano motivazioni forti che non commento. Ne parlerò con l'interessato». Al di là di tutto, l'addio di Ramazzina è un fatto politicamente rilevante. «Era uno degli esponenti che aveva più esperienza», dice Chissalè «con cui si poteva avere un confronto costruttivo e utile. Penso che la maggioranza subirà un indebolimento politico notevole».
«Viene a mancare un pezzo importante», gli fa eco Cristina Bien «dopo un anno e mezzo in cui è tutto fermo. Credo che, per restare nella metafora delle buste, adesso tocchi al sindaco aprire la terza».
Favretti parla senza mezzi termini di “disastro annunciato”, come se le dimissioni di Ramazzina fossero il naturale approdo di una vicenda politica iniziata senza fondamenta. «Credo che il gesto di Ramazzina», sottolinea, «possa essere il preambolo ad altre dimissioni. Questa maggioranza traballa alla grande. Adesso vediamo come affronteranno le questioni che stanno emergendo. Finora abbiamo riscontrato una gran superficialità, mentre le difficoltà sono a più livelli. Da noi è venuta una notevole apertura che non è stata accettata. Faremo il nostro ruolo: saremo minoranza severa pur nel rispetto delle persone».
Gianni Santomaso
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