Caso Vettorel, la mamma del diciottenne: «Mio figlio sarà assolto»
INVIATO AD AMBURGO. «Volevano una sua confessione. O meglio, una credibile assunzione di colpa. A quel punto, sarebbe arrivata una condanna con la condizionale, e mio figlio avrebbe potuto tornare a casa». Jamila Baroni è una donna tenace. È la madre di Fabio Vettorel, il giovane feltrino in carcere preventivo ad Amburgo da quattro mesi. Accusato di disordini e scontri cui non ha preso parte attivamente, ma “era presente con coscienza e partecipazione” e un tanto basta alla procura. Una storia che ha dell’incredibile e che ad altre latitudini avrebbe già scatenato ben altre reazioni.
Jamila adesso ha un solo pensiero: tirare Fabio fuori di lì. «Posso andare a trovarlo in carcere tre volte al mese, un’ora e venti a colloquio. Lui può chiamare solo me e suo padre, con una scheda telefonica».
Sette luglio. Una vita fa, se conti i giorni da detenuto e hai solo diciott’anni.
«Fabio era partito per Amburgo assieme a una sua compaesana, Maria Rocco. Volevano manifestare contro il G-20. La madre di lei li aveva accompagnati in aeroporto a Treviso. Sono saliti su un volo Ryanair e arrivati la sera di quel giovedì. Li hanno arrestati alle sei e mezzo del mattino del giorno dopo». Periferia ovest. C’è un gruppo di manifestanti che lancia pietre e fumogeni verso la polizia antisommossa, che carica. I due bellunesi sono lì. Non scappano. Soccorrono una ragazza ferita. Li arrestano entrambi.
Come lo ha saputo?
«Un messaggio in segreteria telefonica, in inglese. Don’t worry, rassicurava qualcuno che era stato incaricato da Fabio».
Suo figlio l’aveva messa nel conto?
«Che potesse essere fermato, questo sì. Sono cose che accadono, quando vai a manifestare. Anche se lo fai pacificamente. Avrebbero potuto trattenerlo per poi rilasciarlo dopo 48 ore, a G-20 concluso. L’assurdo, quello è venuto tutto dopo».
Voi genitori sapevate che sarebbe andato lì?
«Certo. Ed eravamo d’accordo».
Fabio è cresciuto nel brodo culturale dell’antagonismo di sinistra?
«No, niente affatto. Non siamo militanti. Ma siamo impegnati, questo sì. Condividiamo certi ideali».
E suo figlio, cos’è? Un pericoloso sovversivo, un sognatore, un aspirante black bloc, un idealista, un no global?
«Un idealista».
Un giudice ha parlato di carenze educative. E l’ha messo giù nero su bianco…
«È stata una delle tante cose assurde di questa vicenda. Se è per questo, lo ha anche definito come un personaggio pericoloso. Quanta rabbia, mi è venuta…»
I filmati non mostrano nulla a suo carico: così, l’accusa principale per Vettorel è un generico disturbo alla quiete pubblica. Si applica il diritto minorile, perché in Germania la maggiore età arriva a 21 anni. Jamila, come ha retto suo figlio a questi quattro mesi di carcerazione?
«Tutto sommato bene. C’è stato un momento difficile a inizio agosto, quando non ce l’hanno fatto vedere per tre settimane e anche la posta gli arrivava con grande ritardo. Controllavano tutto, sperando di trovare chissà cosa».
Stavate per ottenere il rilascio dietro cauzione.
«Sì, ma la procura si è opposta. E vuole sapere cosa è venuto fuori, anche se in modo del tutto ufficioso? Che secondo loro, gli italiani sono poveri e, dunque, noi non avremmo mai potuto trovare i 10 mila euro chiesti per la cauzione. Quindi, in definitiva, i soldi per la sua liberazione sarebbero stati tirati fuori da chissà quali gruppi eversivi. Capisce?»
Perché tutto questo, Jamila?
«Non lo so, davvero».
Suo figlio in carcere da quattro mesi come capro espiatorio. E i professionisti della guerriglia urbana, quelli che davvero hanno cercato di mettere Amburgo a ferro e fuoco?
«Quelli non li hanno mai fermati, e infatti ci sono ancora grosse polemiche. Perché la polizia, lì non c’era. Pare abbiano detto che intervenire sarebbe stato troppo pericoloso. I filmati, se ci fate caso, sono di antagonisti o passanti, non della polizia. Eppure, gli agenti erano in 31 mila…»
I video girati dalla polizia stessa mostrano uno scenario difficilmente inquadrabile nella classica guerriglia urbana.
«Hanno per così dire censito il lancio di 14 pietre e quattro fumogeni, da parte di quel gruppo di manifestanti, prima che venissero caricati».
E Fabio?
«Fabio era lì, appunto. Questa la sua colpa, in buona sostanza».
Oggi e domani, due nuove udienze. Cosa accadrà?
«Non so davvero cosa aspettarmi, ormai. Sono previsti sette poliziotti come testi dell’accusa. Temo andrà per le lunghe».
Come finirà?
«Io credo che verrà assolto, ma se anche venisse condannato dovrebbero concedergli la condizionale».
Maria Rocco si è di fatto dissociata e ha ottenuto la scarcerazione in attesa di processo. Suo figlio, duro e puro, si è ficcato in un cul de sac. È così?”
«Lui ha espresso le sue convinzioni politiche, senza rinnegarle. È forse un reato, questo? Guardi che gli hanno negato la scarcerazione anche perché ha dimostrato così tanto amore per la sua terra, la Heimat direbbero qui, da convincerli che ben difficilmente sarebbe tornato per il processo, una volta rientrato in Italia».
Cosa troverà Fabio nella sua Feltre, quando tornerà a casa?
«Tanti amici. E il suo lavoro, spero».
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