Castello Bortoluzzi: tolto il sequestro

PONTE NELLE ALPI. Tolti i sigilli al Castello Bortoluzzi di Ponte nelle Alpi che era tra i 335 beni sequestrati dalla Dia di Venezia ad un padovano, perchè in odore di soldi riciclati dalla camorra.
Il tribunale del riesame di Padova ieri ha respinto il sequestro dei beni - sparsi tra il Veneto e il centro nord Italia - riconducibili a Francesco Manzo, il pensionato campano 70enne residente a Padova, sospettato di legami con clan camorristici e appunto di riciclaggio di danaro sporco. Il pensionato dichiarava 15mila euro all’anno ma ha accumulato, secondo le accuse mossegli, un patrimonio di 130 milioni di euro.
Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene
(dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati)
Sul Castello, all’indomani del sequestro operato dalla Dia, aveva messo gli occhi il Comune di Ponte. Di fatto il “maniero”, accanto al ponte, è una dimora del secolo scorso di un'aristocratica famiglia veneziana che ha ceduto l'immobile a un gruppo che lo ha trasformato in una sorta di multiproprietà con 16 alloggi. Operazione rimasta sulla carta, nessun alloggio è stato poi venduto. Tramite il deputato Roger De Menech, il Comune di Ponte sperava che il sequestro aprisse la strada a una futura acquisizione da parte pubblica: per farlo diventare un centro culturale, una biblioteca.
Ora il dissequestro operato dal tribunale del riesame di Padova, allontana tutto questo perchè la proprietà torna a Manzo.
È stato infatti bocciato il sequestro (quello in vista della confisca) e revocato (quello provvisorio). E i beni sono stati restituiti. Si tratta di decine di alloggi: dalla Torre Belvedere di Padova al Castello di Ponte, a case e terreni a Treviso: il tribunale del Riesame di Padova (presidente Alessandro Apostoli Cappello, giudici a latere Stefanutti e Lazzarin) ha respinto il sequestro. I giudici hanno accolto la tesi sostenuta dai difensori, il professor Giovanni Caruso dell’Università di Padova e l'avvocato Ferdinando Bonon, che avevano depositato corpose memorie e consulenze contabili. La misura di prevenzione del sequestro patrimoniale era stata sollecitata dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia, secondo la quale quel patrimonio, di 130 milioni di euro, non era giustificato in mano al pensionato.
Beni dissequestrati. Si tratta di proprietà della società Ge.Ma.srl a Limena in via IV Novembre e a Padova in via Cile; del Centro Servizi Interporto srl terreni a Padova per l’operazione commerciale “Onda Palace”; di Da.Fa. srl (ex Fada) e di New Investments srl appartamenti, garage e negozi inseriti nel condominio “Torre Belvedere” a Padova (il grattacielo azzurro davanti alla stazione) in piazzale Stazione e in via Tommaseo; di F.S. srl alloggi a Montescaglioso (Matera); di Del srl terreni a Nocera Inferiore (Salerno); di Var srl appartamenti e terreni nel Salernitano; di Favar srl appartamenti a Terrassa Padovana; della srl Il Castello immobili a Conselve in via Fossalta e l’ex Castello Bortoluzzi a Ponte nelle Alpi oltre a proprietà.
La questione. I giudici erano chiamati a pronunciarsi sull’adozione del sequestro come misura di prevenzione. Decisione difficile «perché il compendio di beni è vasto e comprende acquisizioni intervenute nell’arco di decenni... e perché Manzo ha una biografia giudiziaria risalente agli anni ’60» scrivono i giudici.
I presunti legami camorristici. «Il tramite tra la cosca criminale e il Manzo veniva individuata nel genero, Giuseppe Fabbricatore “definito molto vicino alla cosca dei Loreto”...» si legge nel provvedimento che prende atto come quest’ultimo non abbia precedenti per associazione di stampo mafioso. In forza di quei sospetti e legami, la procura distrettuale antimafia di Venezia aveva indagato Francesco Manzo per associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti le provviste finanziarie, sulle quali hanno potuto contare le società del “gruppo Manzo”, erano «attività illecite riconducibili alla criminalità organizzata». L’inchiesta veneziana, però, è stata archiviata il 19 marzo per «gli elementi di fragilità nel legame tra Manzo e ambienti della criminalità».
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