Causa Acc, presidio davanti al tribunale
MEL. Politica, sindacati e lavoratori uniti per chiedere giustizia. Il territorio bellunese si sta organizzando per far sentire la propria voce mercoledì mattina a Pordenone durante l’udienza per la discussione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata nei mesi scorsi dal procuratore del tribunale di Pordenone nella causa per bancarotta contro gli ex amministratori dell’allora Acc di Mel.
L’allarme era suonato qualche mese fa quando si era saputo della richiesta presenta dalla Procura della Repubblica pordenonese di archiviare il procedimento che va avanti ormai da diversi anni. A tentare la causa contro l’ex amministratore della società Ramella e alcuni altri membri del Cda, è stato il commissario straordinario Maurizio Castro. La notizia ha colto di sorpresa l’intero territorio che, tramite il presidente del Consiglio di sorveglianza socio istituzionale di Acc-Wanbao, il sindaco di Mel Stefano Cesa, ha approvato un documento in cui chiede giustizia per una provincia che dalla vicenda del dissesto dell’Acc ha avuto gravi conseguenze. Ora, avvicinandosi la data in cui si deciderà il futuro del procedimento penale, i sindacati hanno deciso di organizzare, con tutti i lavoratori o gli ex dipendenti dell’Acc un presidio davanti al tribunale di Pordenone per dare il massimo supporto all’azione del commissario Castro. E a supporto di questo il primo cittadino zumellese ha inviato a tutti i suoi colleghi della Valbelluna, di Belluno e Feltre, ai parlamentari bellunesi, al presidente della Provincia e al presidente di Confidustria un invito a far sentire la loro fattiva vicinanza a un momento importantissimo per il futuro del Bellunese.
«Il 2 marzo scorso abbiamo lanciato un forte appello alla mobilitazione affinché si celebri un pubblico processo per accertare la verità», dice Cesa. «Si è avuta poi l’unanime delibera, in tal senso, del Consiglio regionale e quelle del consiglio provinciale e delle giunte o dei consigli dei comuni della Valbelluna. È quindi importante ora sostenere quanto finora fatto dal commissario Castro attraverso una mobilitazione istituzionale e sociale per chiedere con forza l’accertamento della verità senza generare una drammatica lesione alla credibilità della giustizia. Non va, infatti, dimenticato come la richiesta di archiviazione della Procura sia incomprensibile alla luce del fatto che sia la Guardia di finanza, sia l’Università Bocconi di Milano scelta dalla Procura stessa come suo consulente tecnico abbiano concluso le loro indagini con un netto giudizio di sussistenza di plurimi e gravi fatti di bancarotta nella vicenda. Una forte presenza istituzionale delle comunità bellunesi sarebbe naturalmente decisiva sul piano della testimonianza etica e politica», conclude Cesa.
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