C’è chi lavora per far rivivere le Regole
Loris Serafini: «Serve una istituzione che equilibri il peso dell’organismo comunale più grande»
CANALE D’AGORDO. «Occorre puntare a ripristinare le Regole con qualunque esito del referendum, ma se vince il sì la cosa diventa ancora più stringente perché servirebbe un’istituzione che equilibri il peso dell’organismo più grande». Ragionare sulla possibilità di far rivivere le sei Regole in cui era divisa la Valle del Bióis, mentre si prospetta la fusione di due dei tre Comuni, potrebbe sembrare un paradosso. Ma per Loris Serafini, studioso di storia locale, in realtà non è così. Anzi, le due cose possono andare a braccetto.
«Cos’erano le Regole? Quante ce n’erano? - chiede Serafini – credo sia arrivato il momento di far conoscere meglio questa pagina di storia: per questo mi sono impegnato a compiere una ricerca sul tema. Prima di Napoleone la valle era formata da sei Regole: Falcade, Sappade-Caviola, Fedèr-Fregóna-Carfón, Pitiguógn, cioè buona parte dell’abitato di Canale esclusi la Pieve e Forno che ne costituivano un’altra, e Vallada. Tali Regole non sono mai state abolite, non c’è un decreto napoleonico che espropri i regolieri dei loro beni. Semplicemente con la creazione dei Comuni tali beni sono stati dati in gestione ad essi».
Serafini ricorda come qualcosa del vecchio sistema sia sopravvissuto nella mentalità e nel quotidiano come “la part de le legne”, il “piódech”, ma invita a riconsiderare il fatto che una riabilitazione più ampia delle vecchie istituzioni potrebbe portare dei benefici. «L’appartenenza agli ambiti delle Regole c’è ancora – dice – quelli di Caviola non si sentono di Falcade pur facendo parte del Comune e quelli di Fedèr-Fregóna-Carfón alla stessa maniera non si sentono di Canale. Pensare di ripristinarle non vuol dire essere campanilisti, ma solo ritenere che se ogni villaggio ha una cura diretta del proprio territorio le cose possono andare meglio».
«I Comuni – riprende Serafini - hanno abbastanza questioni da gestire e il sistema comunale non incentiva la cura ambientale da parte del cittadino che ogni cinque anni delega delle persone a fare al suo posto e non si interessa più del territorio fino alle prossime elezioni. La Regola, invece, è l’unica forma di vera democrazia che costringe il cittadino effettivamente residente a prendersi cura del territorio. I vantaggi sarebbero sia per lo snellimento della burocrazia, sia economici. Serve però che la popolazione sia d’accordo e per questo si potrebbe fare un’altra consultazione».
(g.san.)
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