Celebrati in Colombia i funerali di Martini

MEL. L’incubo è terminato venerdì alle 18 (ora colombiana), quando dopo 11 giorni di obitorio le autorità locali hanno riaffidato ai familiari il corpo di Emanuele Martini.
A prendersene cura è stata la compagna del 44enne originario di Mel e dal 2010 residente a Santiago de Cali, con cui il bellunese conviveva dal 2012 e che si è occupata anche dei funerali, celebrati ieri, alle 15 ora locale (le 22 in Italia) in un cimitero a Cali. Un rito per pochi intimi, senza la presenza dei familiari italiani: la sorella Martina, la moglie Marilyn e la figlia 15enne di Martini sono infatti rimaste in Italia.
Anche per una questione economica. «Riportare la salma in Italia avrebbe costato una follia, o almeno una follia per una famiglia “normale” come la mia, con tre figli da mantenere», spiega addolorata Martina Martini, sorella del 44enne. «Mi piange il cuore per non aver potuto dare un ultimo abbraccio a mio fratello, ma la priorità di tutti, dei parenti qui come della fidanzata in Colombia era quella di dare subito una decorosa sepoltura a Emanuele, dopo 11 giorni trascorsi in un obitorio. Raggiungere Cali in tempo non è stato possibile. Lo faremo il prima possibile».
Dolore e rabbia che nelle parole di Martina si mescolano anche alla preoccupazione per la compagna colombiana di Emanuele. «Sono in contatto quotidiano con lei e so quello che sta vivendo. E terrorizzata, ha paura anche ad uscire di casa, non vuole vedere nessuno. Mio fratello è morto per una denuncia, questo nessuno me lo toglie dalla testa, e la sua compagna teme di fare la stessa fine».
La denuncia è quella che Emanuele aveva sporto nel 2014 contro un uomo del posto, che lo aveva aggredito e con la canna di una pistola gli aveva lesionato irrimediabilmente l’occhio sinistro. Mio fratello ha perso la vita per quell’episodio, è tutto collegato secondo me e secondo quello che mi riferisce la fidanzata di Emanuele. Mio fratello mi aveva confessato più volte di avere paura, l’aveva riferito anche alle autorità, ma nessuno aveva fatto niente. Lo hanno ammazzato in strada, a colpi di pistola, una fine orrenda. Ed è l’unica cosa che sappiamo, restano ancora tante, troppe ombre sull’accaduto. Ho contattato il ministero degli Esteri per avere risposte, siamo dall’altra parte del mondo, ma non abbiamo ancora una versione ufficiale e definitiva di quello che è successo». (ma.ce.)
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