Centrali, è ricorso alla Corte europea
LONGARONE. Hanno fermato la costruzione di una centrale idroelettrica che avrebbe distrutto la Valle del Mis. Hanno protestato contro lo sfruttamento indiscriminato dei corsi d'acqua bellunesi. Hanno risvegliato comunità e coscienze sonnacchiose per difendere il territorio dall'assalto dei predoni dell'acqua. E nell'anni del 50º anniversario del Vajont gli attivisti di Acqua bene comune elevano la loro protesta proponendo un ricorso alla Corte europea per fermare lo sfruttamento idroelettrico nel Bellunese.
Quella che viene definita «la madre di tutte le nostre iniziative» nasce sull'onda delle vittorie ottenute dal comitato, ma anche dall'indignazione per la «continua e ostinata indifferenza della politica locale rispetto a questo tema», si legge nella presentazione dell'iniziativa, diffusa ieri su internet.
«Coadiuvati dall'avvocato che ha redatto la memoria vittoriosa per il ricorso in valle del Mis abbiamo commissionato uno studio comparato sulla situazione di alcune domande di derivazione in provincia, evidenziando come le direttive europee vengano puntualmente violate. L'obiettivo è di sottoporre questo studio in un ricorso alla Corte europea, per far rispettare le regole che ci sono, per dire basta ai clientelismi a danno dei beni comuni, per fermare lo sfruttamento insostenibile dei nostri fiumi».
Il 90 per cento del bacino della Piave è artificializzato. Sul restante 10 per cento dei corsi d’acqua ancora inalterati, pendono oltre 130 richieste di nuove concessioni (e il numero continua a crescere). Ce n'è una anche sul torrente Grisol, nel Longaronese. Pochi giorni fa la giunta, incontrando la popolazione, ha ribadito il suo no al progetto.
«Nel caso fossero approvate, il loro contributo energetico sarebbe insignificante rispetto al totale della produzione nazionale che dipende quasi unicamente dai grandi impianti, mentre l’impatto ambientale e paesaggistico sarebbe enorme, in un contesto dove gli ecosistemi fluviali sono già profondamente compromessi», continua il comitato.
Quattro anni fa oltre novemila persone diedero il loro appoggio alla raccolta firme promossa dal comitato per chiedere una moratoria sulle nuove concessioni, che per la maggior parte ricadono in zone ad alto interesse naturalistico. Eppure le richieste continuano ad arrivare sul tavolo della Regione, nonostante le normative europee impongano di conservare e migliorare la qualità dei fiumi.
Il ricorso alla Corte europea nasce dunque per denunciare questa situazione.
«Nonostante la gravità della situazione, la politica istituzionale è ancora ben lontana da dare risposte efficaci al problema». Così il comitato ha pensato di scavalcarla. Sta per partire una nuova battaglia per la difesa di un territorio che ha già pagato un prezzo alto in termini di sfruttamento.
Alessia Forzin
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