Centralina, ricorso accolto e beni restituiti

Il tribunale di Belluno ha disposto il dissequestro per la vicenda dell’elusione fiscale in Valle del Mis
Di Gigi Sosso

GOSALDO. Dissequestrati soldi e beni. Il tribunale di Belluno ha accolto il ricorso presentato dai difensori dei cinque indagati per dichiarazione infedele e, quindi, elusione fiscale sulla vicenda della vendita della centralina idroelettrica in Valle del Mis. Un capitale sui 3 milioni 500 mila euro, che erano stati sequestrati preventivamente dal Nucleo di polizia Tributaria della Guardia di finanza di Belluno, su disposizione del giudice delle indagini preliminari Vincenzo Sgubbi. Se n’è parlato per due ore, ieri mattina, al palazzo di giustizia: «È stato presentato un ricorso molto articolato», spiega l’avvocato Maurizio Paniz, che è il difensore di Maurizio Curti, uno dei soci della Hydropower di Santa Giustina, che aveva la concessione di derivazione, «è vero che ne abbiamo discusso a lungo, del resto la questione è importante, ma volevamo che venissero riconosciute le nostre ragioni e si provvedesse al dissequestro».

Gli altri indagati sono Lucio e Vittorio Zollet, difesi da Maria Zollet, Marco Bortoluzzi, che si è affidato a uno studio trevigiano e poi c’è il commercalista e consulente Alessandro Bampo, che ha scelto Sandro De Vecchi, ma soprattutto non è toccato da problemi di carattere penale.

Secondo l’accusa formulata dalla procura della Repubbica, hanno venduto una centrale idroelettrica sul torrente Gosalda, eludendo il fisco: quattro soci e un loro consulente sono stati denunciati dalla Guardia di finanza, che aveva anche eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di beni, di cui oltre un milione di euro su conti correnti bancari e il resto in immobili e quote societarie.

Gli uomini del colonnello Milan hanno ricostruito le fasi della cessione effettuata attraverso un'operazione molto raffinata, che aveva lo scopo finale di far risparmiare illegalmente quasi due milioni di euro di imposte ai venditori bellunesi. Le indagini delle fiamme gialle si sono concentrate su una società a responsabilità limitata bellunese, che aveva chiesto alla Regione l'autorizzazione e l'esercizio di una centrale idroelettrica su questo corso d’acqua. In seguito, la centrale è stata ceduta alla lombarda Poliplast, ma non con un normale contratto di compravendita, semmai attraverso un meccanismo complicato che ha comportato la costituzione di una nuova società, la Gosalda, alla quale è stata trasferita l'autorizzazione per la gestione della centrale, che non contava nemmeno un dipendente e aveva la medesima sede e gli stessi soci della prima. Questi hanno poi trasferito il pacchetto azionario all'acquirente, sfruttando un meccanismo che ha consentito di eludere quasi 2 milioni di imposte, che sarebbero dovuti essere versati allo Stato, questo ovviamente secondo l’accusa.

Le indagini coordinate dalla procura hanno consentito di trovare una serie di mail e documenti, alcuni dei quali scritti a mano, nei quali veniva progettata a tavolino l'elusione, confrontando, tra l'altro, in una parte di un foglio, quali sarebbero stati i costi fiscali da sostenere per l'operazione normale e nell'altra quali sarebbero stati, invece, i risparmi.

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