Centraline idroelettriche ora la legge è più severa
BELLUNO. Non ci sono più alibi. Le norme per bloccare le centraline idroelettriche adesso ci sono. «Vanno applicate subito», sollecitano gli attivisti del Comitato Acqua bene comune e i pescatori bellunesi, che sabato mattina si sono ritrovati all’opera di presa dell’impianto sul torrente Missiaga. Una centralina pubblica, fatta costruire dal Comune di La Valle Agordina nel 2016 (e data in gestione a Bim Infrastrutture) ma che non è quasi mai entrata in funzione perché nel Missiaga non c’è acqua a sufficienza per garantire il deflusso minimo vitale e la sopravvivenza stessa del torrente. Ecco perché gli attivisti hanno scelto questo luogo per lanciare il loro appello: «È l’esempio lampante dell’irrazionalità di questa nuova rincorsa all’oro blu drogata dagli incentivi economici», spiegano gli attivisti attraverso il sito Belluno+.
Da La Valle Acqua bene comune e i pescatori hanno lanciato un appello alla politica, bellunese, ma anche regionale. Le basi sono solide: sono infatti entrate in vigore nuove linee guida nazionali sugli iter autorizzativi per i nuovi impianti. Più restrittive: per autorizzare un impianto, adesso, vengono considerati gli impatti dati dalla presenza di altre centraline. «Si considera tutto l’ecosistema di un corpo idrico, come già prevede l’Europa ma come non prevedeva l’Italia che ora si è adeguata», spiega Nico Paulon. «Con queste linee guida non sarebbe mai stata costruita la centralina sul Missiaga, per fare un esempio».
Applicare fin da subito queste linee guida, che saranno in vigore dalla fine di giugno, significherebbe impedire la realizzazione di alcuni impianti. Ma non è tutto. «Il deflusso minimo vitale è stato ridefinito nei termini di deflusso ecologico», aggiunge Paulon. «Il parametro è più tutelante per i corsi d’acqua». Anche questo è un passo importante, perché dovendo rilasciare più acqua nei fiumi e nei torrenti, si produrrà meno energia. E dunque ci sarà meno guadagno per i proprietari degli impianti.
Il passo decisivo riguarda la cancellazione degli incentivi, ma anche su questo fronte si è aperta una finestra che lascia entrare un venticello di novità: «In questi mesi abbiamo lavorato molto facendo pervenire ai ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico numerosi dati che mostrano il quadro reale della situazione. Ne è nato un decreto, ancora in itinere, che prevede la riduzione del 30% degli incentivi sul mini idroelettrico». Se venisse approvato, ed è l’auspicio di tutte le persone che da anni stanno combattendo la battaglia dell’acqua, i progetti non ancora autorizzati potrebbero non vedere mai la luce, perché la riduzione dell’incentivo non renderebbe più conveniente costruire le centraline su molti corsi d’acqua.
«La battaglia continua, con un appello alla politica, provinciale e regionale, ad applicare da subito le nuove norme», conclude Paulon. «Essere riusciti da Belluno ad ottenere questi risultati (le linee guida nascono sulla base delle procedure di infrazione aperte dall’Europa, generate dai ricorsi che abbiamo presentato) è già una vittoria. Ma non bisogna abbassare la guardia. La Via regionale deve agire sulle domande in istruttoria di sua competenza. Se la politica, alla quale abbiamo dato un’apertura con questa iniziativa, si farà carico di applicare queste normative, si potrà combattere assieme anche la partita delle grandi concessioni. L’autonomia e l’autogoverno del territorio non siano solo slogan da campagna elettorale: abbiamo l’occasione per applicarli».
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