«Centraline tutelate da leggi nazionali»

Per la Provincia è difficile contrastare questi impianti. Bottacin: «Colpa di Unione europea e governo che danno incentivi»
Di Paola Dall’anese

BELLUNO. «Sulle centraline idroelettriche a Belluno e Ponte nelle Alpi dovrà decidere la Provincia: se non le vuole dovrà giustificare molto bene il proprio diniego, perché esiste una norma nazionale, la 387/2003 che definisce queste centrali “opere urgenti e indifferibili” in quanto rientrano nella legge che incentiva le energie rinnovabili».

Le norme. Potrebbero esserci poche speranze per evitare la realizzazione delle tre centraline sul fiume Piave. Secondo l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, a rendere tutto più difficile è da una lato l’Unione Europea, che con la norma 2001/77 impone procedure agevolate per chi vuole realizzare impianti di energia rinnovabile come appunto quelli idroelettrici, e dall’altro lo Stato, che ha recepito questa norma nel decreto 387/2003 aggiungendoci anche gli incentivi.

«La Regione non ha possibilità di fare leggi in materia, che contrastino quelle nazionali», prosegue Bottacin, «in quanto verrebbero impugnate immediatamente come già accaduto sia per quanto riguarda la legge che bloccava le nuove cave, sia per la norma che restringeva le autorizzazioni per i pirogassificatori vicino alle case, sia per le norme regionali che semplificavano gli interventi negli alvei dei corsi d’acqua. Le centraline idroelettriche sono infatti dichiarate dallo Stato, recependo una norma europea, “opere di utilità pubblica, urgenti e indifferibili” e sono previsti incentivi economici che il Veneto ha chiesto al ministro dell’ambiente di eliminare».

«Il Veneto sta cercando in tutti i modi di preservare l’ambiente, ma viene osteggiato da Roma. Una prova è l’emendamento veneto al collegato alla legge di stabilità regionale 2017 che prevede norme semplificative per la realizzazione di interventi di sicurezza idraulica, come tagliare gli alberi che crescono negli alvei dei fiumi perché il flusso idrico è minimo: emendamento impugnato dallo Stato. Ora attendiamo il parere della Corte Costituzionale» .

La Provincia ha le mani legate. Il contrasto alle centraline è difficile e di ciò è consapevole anche Palazzo Piloni. «L’unica cosa che gli enti locali possono fare è cercare di ostacolare gli assalti ai nostri corsi d’acqua», precisa l’assessore Pierluigi Svaluto Ferro. «Dovremo analizzare bene tutte le domande e la documentazione presentata dalle ditte e fare le pulci, altrimenti nulla possiamo contro una norma dello Stato. L’unica speranza», sottolinea Svaluto Ferro, «è che si giunga presto all’attuazione del collegato ambientale che prevede la possibilità di introdurre dei balzelli da parte degli enti locali sull’utilizzo dei beni ecosistemici, come sono appunto i corsi d’acqua. Credo che, se velocemente sarà dato seguito a quanto previsto da questo testo governativo, per le società idroelettriche diventerà meno remunerativo realizzare le centraline. Ma fino ad allora non abbiamo molte frecce al nostro arco, se non l’opposizione come cittadini e come enti».

La guerra dell’acqua tra Trento e Veneto. L’assessore Bottacin interviene poi su quella che è stata definita la “guerra” dell’acqua tra Veneto e Trentino. A fronte della situazione di elevata criticità, il Veneto con un’ordinanza del 18 aprile scorso ha dichiarato lo stato di crisi idrica e, per il bacino dell’Adige, ha imposto una limitazione nei prelievi irrigui del 50%. Si è contemporaneamente chiesto, e sostanzialmente ottenuto dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, di garantire una portata, a valle di Trento, di almeno 80 metri cubi al secondo. Questa portata è la portata nominale di funzionamento della barriera anti-sale presente alla foce dell’Adige.

Ma in questi giorni un assessore della Provincia di Trento ha dichiarato che per aiutare il Veneto adesso i bacini trentini sono vuoti.

L’assessore Bottacin risponde che non è questo il motivo, che va invece ricercato nella gestione degli invasi che in Trentino è avvenuta sulla base di dinamiche e convenienze legate soprattutto agli aspetti economici della produzione idroelettrica e non seguendo i criteri di una gestione responsabile della risorsa idrica che, in attuazione dell’art. 167 del D.Lgs. 152/06, deve dare priorità all’uso idropotabile nei periodi di siccità. Quindi prima si soddisfano le necessità dei rubinetti a secco, poi si produce energia elettrica.

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