Centro islamico alla caserma Piave
BELLUNO. La notizia è di quelle destinate a far discutere. In un verso e nell’altro. Martedì sera la prima e la seconda commissione hanno approvato all’unanimità di concedere un edificio della ex Caserma Piave all’associazione Insieme per il Bene comune. Un gruppo neo costituito, bellunese, formato da persone islamiche. L’associazione ha chiesto uno spazio per realizzare un centro culturale.
Al voto, Sergio Marchese del Movimento 5 stelle si è astenuto. Ida Bortoluzzi (che pure aveva evidenziato qualche perplessità), Francesco Pingitore, Celeste Balcon e Maria Cristina Zoleo non hanno partecipato. Tutti gli altri consiglieri hanno votato a favore. Significa che nel consiglio comunale di mercoledì non ci sarà discussione. Spazio solo per le dichiarazioni di voto.
La ex caserma Piave è un complesso di proprietà del Comune. L’amministrazione ha deciso di valorizzarla assegnando gli spazi alle associazioni del territorio, che si sono impegnate a ristrutturare gli edifici. Oggi alla caserma Piave hanno sede la Casa dei beni comuni, il Tib, i radioamatori Valbelluna, il Radioclub Belluno Nore, Slowmachine, l’associazione Smers autodifesa, il gruppo 90 Polpet, la cooperativa scout San Giorgio, gli Scout Agesci Belluno 3, l’associazione Scherma Dolomiti. Un hangar è occupato da Bim Gsp.
L’anno scorso era stato pubblicato il quarto bando per assegnare gli spazi residui e la giunta, il 16 dicembre, ha aderito all’unica richiesta arrivata, per l’utilizzo della palazzina 16 da parte della associazione di promozione sociale I.P.B.C, Insieme per il Bene Comune. Realtà che, si legge nel sito dedicato al recupero della caserma Piave, «opera per la salvaguardia e promozione dell’identità culturale delle comunità di immigrati, in particolare di lingua araba, per il mutuo sostegno e la coesione al loro interno e per la piena inclusione delle stesse nella vita della società locale». L’associazione intende organizzare corsi di lingua italiana per immigrati e araba, anche per italiani; programmi di alfabetizzazione delle donne immigrate; progetti con Avis ed Usl per diffondere la cultura sanitaria; attività sportive, ricreative e formative per i giovani.
In commissione qualche consigliere ha sollevato perplessità, e la parola “moschea” è stata usata. La preoccupazione, insomma, è stata manifestata. Spenta da componenti della maggioranza che ritengono l’operazione vada nella direzione dell’integrazione.
«Cosa c’entra che siano islamici?», spiega il presidente della prima commissione Walter Cibien. «Si tratta di un’associazione culturale, perfettamente in linea con le altre onlus del territorio. Hanno uno Statuto ed è fatto benissimo. In un paese democratico quale siamo, e che lavora per l’integrazione, è una decisione coerente».
«Non si può arrivare in commissione con un tema così importante, senza che se ne fosse mai parlato prima», ribatte Sergio Marchese. «Da un punto di vista normativo non c’è ragione per non concedere lo spazio all’associazione, c’è un regolamento e i criteri sono rispettati, ma questa delibera assume un valore politico. Dividerà la popolazione e serviva tempo per discuterne. Per questo mi sono astenuto al momento del voto».
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