Centro islamico, prosegue la trattativa

È slittato a oggi il sopralluogo ad Arten degli investitori arabi. Il mediatore: «Smettiamola di chiamarla moschea»
Di Raffaele Scottini

FONZASO. Ci sono le vie diplomatiche e quelle dei trasporti pubblici. Le prime sono aperte tra i promotori del centro islamico ad Arten e l'amministrazione Pellizzari con un dialogo che ha già visto due incontri tra le parti, le seconde invece – causa sciopero dei trasporti – hanno fatto slittare da ieri ad oggi l'arrivo per il sopralluogo sul posto di una delegazione dall'Arabia. Incontrerà i rappresentanti dell'associazione “Un passo verso la speranza”, promotrice del progetto che nel frattempo sta cambiando dal punto di vista architettonico. E questa è la seconda novità nell'ambito di una partita interculturale lunga, complessa e accesa, considerando la contrarietà espressa a più riprese dal paese: con una raccolta firme sponsorizzata dalla locale sezione della Lega nord, diverse prese di posizione e anche un volantinaggio di Forza Nuova quando se n'era parlato mesi fa in consiglio comunale.

Ieri però, giorno in cui era attesa la visita degli arabi cofinanziatori del progetto, le voci di protesta non si sono sentite. Nessuno striscione di contrarietà spuntato nella notte di venerdì e tutto è passato sotto silenzio. Oggi si vedrà.

«Non chiamiamola però moschea». In effetti non lo è. «È un centro commerciale con un luogo di preghiera, non luogo di culto, che è diverso. Bisogna riuscire a chiarire quello che si fa», la puntualizzazione che fa il mediatore. «Non è una battaglia politica o religiosa. È stata fatta tanta disinformazione, non c'è nessuna moschea».

Le attività sono quelle dichiarate dal progetto originale per cui sette anni fa è stato dato il permesso a costruire, con supermercato, farmacia, libreria, più l'oggetto del contendere: la sala di preghiera. In mezzo però ci sono anche le vie giudiziarie, quelle che anche gli investitori vorrebbero evitare.

La partita, in un senso e nell'altro, si gioca sul piano urbanistico, perché L'Ufficio tecnico sotto la precedente amministrazione Furlin aveva rigettato il progetto del centro di aggregazione islamico motivando il no sul fatto che l'immobile si trova in zona D2, cioè a destinazione commerciale e artigianale di servizi, mentre gli edifici di culto vanno in zona F.

Da qui il ricorso, accolto dal Tar, che in poche parole ha fatto intendere che non è possibile affermare la sussistenza di una volontà di realizzare un polo di culto islamico, con una sorta di processo preventivo alle intenzioni. Con la nuova amministrazione Pellizzari, pur avendo fatto ricorso al Consiglio di Stato – che ha deciso di sospendere la pratica in attesa di veirificare chi ha ragione – i contatti ci sono e dalla parte dei promotori del centro islamico filtra l'auspicio a trovare una via congiunta: «Abbiamo avuto due incontri che pian piano chiarificano una linea di lavoro, eliminando i luoghi comuni che hanno creato questo falso problema. Tra l'altro, stiamo cercando di dare una connotazione più di architettura al progetto».

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