Cetera condannato anche in Appello

Sconto di pena per l’ex primario del Centro di procreazione assistita ma anche un risarcimento all’Usl
PIEVE DI CADORE. Cetera, condanna con lo sconto. Ma ora c’è anche un risarcimento. L’impianto accusatorio della procura della Repubblica di Belluno ha retto sull’ex primario del Centro di procreazione di Pieve di Cadore, ma la Corte d’Appello ha riformato e ridotto di un anno la condanna di primo grado.


Il collegio bellunese formato dai giudici Coniglio, Sgubbi e Cittolin aveva condannato a cinque anni e sei mesi per induzione indebita a dare o promettere utilità (soldi per saltare le liste d’attesa) con le attenuanti generiche, oltre alle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale e l’interdizione dall’esercizio della professione medica per la durata della pena. I magistrati veneziani si sono fermati a quattro anni, sei mesi e 10 giorni. Cambia qualcosa nelle pene accessorie, nel senso che rimane quella dell’esercizio della professione, mentre l’interdizione dai pubblici uffici diventa soltanto temporanea.


La novità è che l’avvocato di parte civile dell’Usl, Salvatore Frattallone, ha spuntato una provvisionale immediatamente esecutiva di 50 mila euro: se non sarà pagata, partirà una causa civile. A Belluno, invece, non era stato accordato alcun risarcimento all’azienda sanitaria, nemmeno per il danno d’immagine: «Che c’era indubbiamente stato, su questo c’è poco da discutere», sottolinea Frattallone, «e giustamente ci è stato riconosciuto. Siamo pronti ad agire in sede civile, se non dovessimo avere soddisfazione».


L’udienza era fissata per le 15 ed è cominciata con le dichiarazioni spontanee da parte del ginecologo padovano Carlo Cetera, assistito dall’avvocato Emanuele Fragasso. Il medico ha cercato di proclamare una volta di più la propria innocenza, dopo di che il procuratore generale ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado, a differenza di Fragasso, e Frattallone il risarcimento. La richiesta iniziale era stata di tre milioni di euro. Tre ore di camera di consiglio, poi la sentenza e adesso 90 giorni per le motivazioni, sulla base delle quali la difesa deciderà sull’appello in Cassazione.


Il caso era scoppiato nel 2011, quando l’Usl 1 aveva una convenzione con la Sismer, Società italiana studi di medicina della riproduzione di Bologna. Cetera era accusato di aver chiesto dei soldi alle aspiranti mamme per accorciare le liste d’attesa di due anni e molte hanno pagato tra i due e i tremila euro, consegnandoli sempre lontano dall’ospedale: un bar, un casello autostradale o un’azienda. Diciassette i casi contestati, dei quali 15 riusciti e due solo tentati. Al presidente di Sismer, Luca Gianaroli veniva attribuito l’utilizzo del Servizio sanitario nazionale all’insaputa della dirigenza dell’Usl 1. Infine, la Sismer, che si occupava del prelievo degli ovociti e del trasferimento degli embrioni per l’ospedale di Pieve, si era vista portare in tribunale per una mancata vigilanza che avrebbe favorito la commissione del reato.


Solo Cetera è stato condannato. Gianaroli assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di corruzione ed è stata scagionata anche la società che era stata citata come responsabile amministrativa, in quanto non avrebbe impedito a un dirigente di commettere un reato. Infine, risarcimento di 10 mila euro per l’unica donna parte civile,


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