Cfs a caccia di bracconieri con i droni

Il nuovo strumento permette d’intervenire rapidamente in caso di incendi, discariche abusive e nel controllo del territorio

BELLUNO. La lotta al bracconaggio, agli incendi, alle discariche abusive ma anche a qualunque tipo di sofisticazione e frode nel campo agroalimentare, trova un alleato nella tecnologia.

Il Corpo Forestale dello Stato sta pensando di utilizzare i droni per svolgere alcune delle operazioni di vigilanza ambientale che lo vedono impegnato. Il costo è sostenibile, si parla di circa duemila euro ad apparecchio, e la dimostrazione offerta ieri nella sede di Belluno (presenti tutte le forze dell'ordine, il questore e il prefetto) ha convinto anche gli scettici dei reali vantaggi che si avrebbero impiegando i droni per avvistare un incendio, ma anche per individuare i bracconieri che si aggirano nei boschi.

«È una tecnologia nuova e sicura, che stiamo valutando di utilizzare perché consente di abbattere i costi di molte operazioni», conferma il vicecomandante provinciale del CfS, Isidoro Furlan. Il quale offre numerosi esempi sull'utilizzo che si può fare dei droni.

«Pensiamo ad un incendio», continua. «Quando scatta l'allarme ci sono due modi per verificare quanto è esteso il fronte, quanti focolai ci sono, di che natura è il bosco, che mezzi bisogna impiegare: o si sorvola la zona con l'elicottero o si fa un sopralluogo via terra. L'uso del drone permetterebbe di evitare problematiche legate alla sicurezza del personale, di intervenire con maggiore tempestività e di risparmiare soldi. Far volare un elicottero ha un costo notevole».

C'è poi il capitolo del bracconaggio. Il drone sarebbe lo strumento più discreto e meno invasivo per individuare chi si macchia di questo reato: il piccolo apparecchio, che emette appena un ronzio, potrebbe sorvolare le zone ritenute critiche (che la Forestale conosce e già monitora, anche con le fototrappole), inviare le immagini all'operatore - che in tempo reale le studia attraverso un monitor collegato all'apparecchio – e consentire così di fermare il bracconiere. O per lo meno di identificarlo.

«In questo caso si avrebbe una migliore copertura del territorio», evidenzia Furlan. Il che aiuterebbe anche ad individuare eventuali discariche abusive, o frodi nel settore agroalimentare, strutturato con regole molto rigide il cui rispetto, oggi, si verifica o usando l'elicottero o andando di persona negli appezzamenti coltivati.

Furlan porta l'esempio dei vitigni: «La legge dice che non si possono produrre più di 150 quintali di uve per ettaro, in media. Le immagini trasmesse dal drone permetterebbero di avere un quadro della produzione e di intervenire nel caso in cui si verificasse un illecito». Il tutto, di nuovo, risparmiando risorse preziose, perché si eviterebbe di utilizzare l'elicottero o di inviare il personale specializzato a compiere lunghe indagini. «Si tratta di un nuovo modo di pensare, di una nuova modalità operativa», conclude Furlan, che si augura di poterla mettere in pratica quanto prima. La mini rivoluzione nel campo della vigilanza ambientale non ha costi eccessivi: un apparecchio in grado di volare una ventina di minuti e di trasmettere immagini (foto e video) a terra costa attorno ai duemila euro. Volendo si potrebbe abbinarci anche un visore, una specie di occhiale che, indossato, offre all'operatore la stessa visione che ha la telecamera montata sul drone. Costa tra i tre e i quattrocento euro.

Alessia Forzin

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