«Chi investe in montagna è un eroe»

Barbini e le tante difficoltà che assillano le imprese: «Senza banda larga, saremo costretti ad abbandonare le terre alte»
luca Barbini
luca Barbini

BELLUNO. «Cari bellunesi, vogliamo crescere? Smettiamola di fare Comitati. Altrimenti continueremo a restare residuali». Luca Barbini, presidente di Confindustria Dolomiti Belluno, è preoccupato.

I Comitati non sono il sale della democrazia?

«Non sempre. Se vogliamo assecondare la ripresa, e quindi lo sviluppo, non possiamo far crescere i Comitati come i funghi: contro l’elettrodotto, contro le centraline idroelettriche, contro le varianti di San Vito, Tai, Valle, contro l’autostrada, contro l’aeroporto. E chi più ne ha più ne metta. Contro queste prospettive di sviluppo significa essere contro il lavoro. Poi non lamentiamoci dello spopolamento».

Lei, però, si renderà ben conto che l’ambiente è una risorsa da rispettare, da mantenere integra.

«Certo. Siamo i primi, noi imprenditori, a sostenere che lo sviluppo economico va coniugato con la qualità della vita e del contesto in cui si vive. Coniugare non vuol dire distruggere».

Facciamo un esempio.

«Si parla del Treno delle Dolomiti. Pare un’opera condivisa. Anche da noi, soprattutto se il trasporto fosse anche commerciale. Ma per tracciare la ferrovia bisognerà fare qualche galleria, tirar giù un po’ di alberi, costruire una massicciata. Bene, perché non è compatibile allo stesso modo il prolungamento dell’A27 che noi proponevamo».

Una colata d’asfalto in Cadore?

«No. Il nostro studio, di dieci anni fa, prevedeva un’autostrada in galleria, da Macchietto fino alla Val Tagliamento, per agganciare l’A23, ad Amaro. Quindi nessun asfalto ai piedi delle Dolomiti. D’altra parte, non era questo che voleva anche un ambientalista come Messner? Comunque, avanti con il treno, dal momento che inizierà a breve l’elettrificazione. Reralizziamo, intanto, il programmato. È già importante».

Siete preoccupati per i possibili ritardi nella riqualificazione dell’Alemagna?

«Certo che sì. In Val Pusteria ogni paese ha la sua circonvallazione. E lassù proteggono l’ambiente meglio di noi. Qui, invece, i paesi sono condannati per chissà quanto tempo ancora a essere attraversati dai camion».

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha tenuto a battesimo, a Cortina, le “terre alte” dell’imprenditoria italiana. Un padrino più autorevole non potevate pretendere. In realtà che cosa vi proponete?

«Vogliamo presentarci al prossimo Governo con una piattaforma di nostri impegni e rivendicazioni».

Immaginiamo la defiscalizzazione, come prima istanza?

«Come prospettiva sì. Ma non ci illudiamo. Intanto abbiamo un’urgenza: che le fibre ottiche non si fermino un chilometro prima di raggiungere le nostre aziende».

Succede?

«Dappertutto. La fibra ti arriva a 300 metri dall’impresa e nessuno sa come attaccarsi. O nulla fa, se lo sa».

Si spieghi.

«Ci sono paesi collegati con le fibre ottiche, ma è un problema collegarle alle imprese. Capita, ad esempio, che bisogna attraversare una strada. L’imprenditore fa la domanda, ma questa ritarda ad arrivare. E magari, quando arriva, è un no: per problemi tecnici».

A quel punto che cosa succede?

«L’impresa decide di andarsene. O non fa gli investimenti che aveva programmato, per ampliarsi. Ma il problema riguarda anche le famiglie, specificatamente i giovani. Sulla decisione di andarsene, di emigrare, pesa molto anche l’impossibilità di utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione. E quale opportunità si nega con il telelavoro senza la velocità della rete? Altro che startup».

Dica la verità. C’è un pericolo concreto che senza la banda larga tante imprese bellunesi si trasferiscano?

«Si parla di “agricoltura eroica” riferendosi a quella svolta sulle terre più alte. Ma c’è anche una “industria eroica”».

Scommetto che pensa alla Errebi di Cibiana.

«Proprio così. Loro fabbricano chiavi. Questa è una multinazionale. Non hanno intenzione di andarsene, ma se continueranno a non poter usufruire della banda larga o a trovare difficoltà per la strada, verrà un giorno in cui diranno basta».

Sono problemi di tante imprese?

«Di tantissime. E in tutte le province di montagna: “La Sportiva” di Ziano, 100 milioni di fatturato, ha denunciato difficoltà di questo genere».

Prima della flat tax, insomma, chiedete al nuovo governo…

«Cose possibili, per sopravvivere in montagna. Non abbiamo tempo di sognare. Noi imprenditori delle terre alte abbiamo delle urgenze da risolvere, altrimenti dobbiamo abbandonare la “periferia”. Amiamo la montagna, vorremmo continuare a vivere e lavorare qui».

Va ricordato, peraltro, che l’economia bellunese è tra le più dinamiche del Veneto…

«Lei pensi che cosa potremmo fare di più e di meglio se fossimo attrezzati per essere ancora più efficienti. Il manifatturiero provinciale, ad esempio, dà un contributo rilevante al manifatturiero veneto e italiano per essere il secondo d’Europa, dopo la Germania. Basterebbe poco per occupare il primo posto».

Basterebbe, appunto, la banda larga?

«Non solo. Ci vorrebbe anche meno burocrazia. Per ampliare un capannone qui ci vogliono anni. Intanto, però, l’impresa perde l’ordine».

Se ve ne andate, la deriva dello spopolamento sarà fatale.

«È per questo che stiamo promuovendo una nuova cultura del lavoro per i nostri giovani. Anche quello manuale può essere un lavoro bello. Certo, bisogna studiare».

Studiare o lavorare?

«Studiare per lavorare al meglio. Se un giovane non ha competenze difficilmente troverà impiego».

La rete che avete costituito va dalle montagne della Valle d’Aosta a quelle della provincia di Udine…

«E passa per gli Appennini».

Ma Confindustria Belluno dove va a parare? Vi aggregherete a Treviso e Padova?

«Restiamo autonomi, per il momento».

Temete un governo a guida grillina o a guida sovranista?

«Importante è avere un governo in grado di governare. Abbiamo bisogno di stabilità».

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