Chiesti 4 milioni per liberare Calonego
BELLUNO. Vogliono quattro milioni di dollari, i sequestratori di Danilo Calonego, per liberare il tecnico di Sedico e i colleghi rapiti in Libia il 19 settembre. La notizia del riscatto è stata diffusa dal portale web mediorientale Middleasteye, ma per ora in Italia non ci sono conferme. Le figlie di Danilo Calonego, non appena hanno sentito la novità (che farebbe ben sperare, perché significherebbe che il loro papà è ancora vivo) hanno telefonato alla Farnesina, ma nulla è filtrato.
«Non sappiamo niente, ci hanno ripetuto che dobbiamo stare tranquille e noi abbiamo piena fiducia nel lavoro che stanno facendo le persone che hanno preso in mano il caso», racconta Simona Calonego. La sua voce tradisce l’agitazione, perché è difficile capire come prendere una notizia del genere. «Mi dicono che è positiva, perché vuol dire che Danilo è ancora vivo, ma non essendo confermata non so cosa pensare».
E preoccupa, inoltre, la seconda parte della richiesta che sarebbe stata fatta dal gruppo armato che ha in mano Calonego, Bruno Cacace e il collega canadese, tutti lavoratori della Conicos: o arriveranno i quattro milioni di dollari o gli ostaggi saranno consegnati ad Al-Qaeda o a una cellula dell’Isis. «Siamo ovviamente preoccupate», conclude Simona. «Ma aspettiamo. Con fiducia, perché non possiamo fare altrimenti e perché sappiamo che il modo di lavorare della Farnesina è questo: senza clamore, senza proclami. Ci diranno qualcosa quando avranno in mano notizie certe».
Simona e Pamela, con le zie (le sorelle gemelle di Calonego) e la nonna (l’anziana madre del tecnico del Peron) non sentono Danilo da tre settimane. «Pensare quanto era preciso e puntuale, non passava mai più di qualche giorno senza che ci chiamasse, o che ci mandasse una mail». Simona non ha tanta voglia di parlare, preferisce aspettare. E sperare. È questo il leit motive a casa Calonego da quel 19 settembre che ha segnato profondamente la famiglia.
La notizia uscita sul portale web mediorientale Middleasteye parla di un riscatto di 4 milioni di dollari chiesto dal gruppo armato che avrebbe con sé gli ostaggi. Si tratta di un gruppo di algerini e libici, «che ha buoni rapporti con Aqmi, l’Al-Qaeda locale», ma che agisce da solo e «per motivi economici».
A guidare il gruppo, come rivelano alcune fonti riservate dei servizi segreti algerini che stanno seguendo il caso su richiesta italiana, sarebbe un jihadista algerino che ha già collaborato con i qaedisti negli assalti ad impianti petroliferi e di gas nel cuore del deserto algerino.
Gli ostaggi potrebbero trovarsi proprio in Algeria, visto che il gruppo si muove a cavallo del confine con la Libia. Del caso si stanno occupando anche intermediare libici locali.
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