Chiusi settecento negozi in sette anni

La moria del commercio sembra incontenibile e non risparmia nessuna parte della provincia. Ascom preoccupata. Doglioni: «L'unica soluzione è puntare su un turismo di qualità. E' un settore che fa lavorare anche edilizia, commercio e artigianato»

BELLUNO. Settecento negozi chiusi in sette anni. Una cifra “tragica”, se si pensa che complessivamente in provincia di Belluno operano poco più di 2300 esercizi commerciali, tra ingrosso e dettaglio. Un fenomeno in crescita che è causa ed effetto dell’abbandono del territorio da parte di chi lo abita. In montagna la crisi economica sta lasciando il segno, più forte di quello che si credeva.

Nel 2008 le nuove aziende erano state 160 a fronte di 258 chiusure (saldo -98); nel 2015 le iscritte sono state 145 e le cessate 281 (-136). E la diffusione del problema è pressoché omogenea. «Non ci sono aree esenti da questa morìa», sottolinea il direttore di Ascom, Luca Dal Poz, «il fenomeno è presente dappertutto». Dal bar all’alimentare, da chi vende macchine di movimento terra a chi commercia materiale edile: tutti i settori sono bloccati.

E il presidente di Confcommercio non nasconde la sua preoccupazione. «La situazione è devastante», commenta Paolo Doglioni, «per alcuni elementi concatenati tra loro: da una parte le zone alte della montagna soffrono perché l’unica nostra salvezza è il turismo, un turismo qualificato e aiutato. Lo dico da tempo, ma la mia è una voce isolata nel deserto. Se noi pensiamo di fare altro dal turismo, sarà difficile sopravvivere. Ma abbiamo bisogno di un turismo che offra servizi apprezzati da persone di tutto il mondo, turisti che hanno parametri molto precisi e conoscono tutto quello che c’è in giro. Il turismo, però, deve essere sostenuto dalle varie istituzioni regionali, statali e anche europee. Come associazione cerchiamo di muoverci per dare una mano al territorio. Chi fa turismo», sottolinea Doglioni, «mette in moto altri tre settori: commercio, edilizia e artigianato».

Di fronte alle continue chiusure, il presidente chiede la detassazione delle botteghe di alta montagna: «Molti iscritti ci dicono che alla fine sono più le tasse che pagano di quello che guadagnano. E allora vanno bene i controlli, ma non deve essere una continua caccia al ladro, perché qui si trova solo una situazione di grave disagio. Se vogliamo far rimanere le persone, servono aiuti e agevolazioni».

Ma l’abbandono del territorio è innegabile. «I giovani, che sono quelli che spendono, se ne vanno e nei paesi restano gli anziani che non creano ricchezza», dice Doglioni che continua: «C’è un grande limite in questa provincia: la scarsa capacità di fare squadra. Qui, ognuno guarda al suo piccolo orto, si va avanti per casacche, non per qualità. Si antepone il bene proprio al bene comune, ma così non si andrà mai da nessuna parte».

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