Christian Beduschi, la cioccolata delle Dolomiti

Da Cortina al laboratorio di Tai e al commercio virtuale: in Francia, Inghilterra, Italia
Christian Beduschi
Christian Beduschi
BELLUNO. E’ un peccato che le parole non abbiano una tridimensionalità olfattiva. Perchè per raccontare Cristian Beduschi - campione del mondo del cioccolato, inventore di delizie, nonché piccolo artigiano che ha scelto il Cadore non per innata vocazione pasticciera, ma per qualità di vita - servirebbe proprio il profumo.

L’aroma - vaniglia, cacao, zucchero, qualche spezia - è la prima cosa che si fa strada a salutare, nel piccolo laboratorio di Tai. Qui Cristian Beduschi lavora da 4 anni, dopo avere lasciato le due pasticcerie di Cortina: aprendo la diffusione dei suoi prodotti al commercio virtuale. In Francia. In Inghilterra. In Italia.

Un cioccolatiere mondiale in Cadore. Come la mettiamo?

«E’ una scelta di vita, quella di abitare qui: non certo per il business. Aiuta lo spirito, ma l’aria non migliora il cioccolato. Però devo dire che, quando sono in giro, non vedo l’ora di tornare a casa».

Ma il Veneto e il cioccolato come vanno d’accordo?

«Come materia prima non siamo fortunatissimi: chi sta in Piemonte, o in Sicilia, ha nocciole e mandorle a portata di mano. E’ da un po’ che penso a cosa si potrebbe usare di qua, per trasformarlo in qualità e cioccolato: le nocciole, per esempio, o i maroni di Combai».

Però di cioccolato, ultimamente, si sente parlare moltissimo.

«Sì. Una conseguenza del fatto che siamo nell’epoca del mangiare bene: tutto quello che fa tendenza è moda. Come il cioccolato. In questo momento il mercato è un po’ inflazionato: un po’ come è successo per le gelaterie negli anni scorsi. Prima alcuni artigiani facevano il gelato; poi, con il boom, il livello si è abbassato. Ora si torna a chiedere la qualità. All’estero sono, in generale, più attenti a non far scadere la qualità. Ma ci arriveremo anche noi».

Ma per lei quale è il cioccolato più buono?

«Quello fondente. E poi latte e nocciole: è quello che piace di più in Italia. Nel mondo ci sono gusti prediletti molto diversi e definiti: in Inghilterra, per esempio, piace di più la mandorla”.

Posso fare una domanda cattiva? E la Nutella?

«Se devo proprio rispondere, dico che le cose buone non fanno male. Forse in Italia bisognerebbe interrogarsi di più sugli ingredienti. Prendiamo i grassi vegetali. In quanti prodotti c’è questa dicitura? E quanti sanno di che cosa si tratta? Beh, ecco: io questa domanda me la farei».

Cosa vuol dire stare a Cortina?

«Stare su un tram: dell’Italia; del mondo. Certo, ultimamente è un po’ cambiata».

In che senso?

«E’ cambiato proprio il turismo: ora è più da week-end. Trent’anni fa fare le vacanze significava starci un mese. La stagione si è accorciata, e ci sono dei vuoti abbastanza importanti: venire a sciare ha un certo costo. E con gli stessi soldi ci si può permettere un viaggio in Polinesia. Non è una cosa da poco. Però c’è una cosa che non cambia: l’attrattiva televisiva di Cortina. Che fa la differenza».

Lei ha avuto due pasticcerie a Cortina, in centro e a Zuel: clienti vip?

«Beh, del periodo d’oro ricordo Virna Lisi: mandava un suo domestico, e prenotava con il cognome di ragazza. Poi, di recente, Christian De Sica».

E politici?

«Una volta è venuto Giulio Andreotti: accompagnato da un prete e dalla scorta. Per farlo entrare in sicurezza hanno svuotato il negozio. Ha comperato dei biscotti...».

Dopo le sue torte da Mondiali, cosa ha inventato?

«Mi sono concentrato sulle tavolette di cioccolato: 50 grammi, quadrate, in busta di alluminio. E’ così che è nato il Resentìn: cioccolato anice e caffè. Da fine pasto: la misura giusta per un finale in bellezza. Il prodotto nudo si vende di più, perchè invoglia. Ma abbiamo deciso per le buste di alluminio per proteggere il cioccolato: sembra incredibile, ma l’esposizione alla luce lo ossida in tempi record».

Un sapore di cui è particolarmente fiero?

«Il cioccolato bianco alla vaniglia. La qualità Thaiti della vaniglia è eccezionale: una bacca che costa trecento euro al chilo. Io non uso polveri: faccio l’infusione nel burro di cacao per aromatizzare. Ma la differenza è abissale. Quando un prodotto è fatto con la vanillina si sente subito, perchè pizzica in gola».

Un sapore che meriterebbe di essere valorizzato?

«Quello della liquirizia calabra. E’ stata un po’ dimenticata perchè può favorire la pressione alta. Ma varrebbe la pena di recuperarla».

Sogno nel cassetto?

«Comperarmi l’attrezzatura per fare il cioccolato partendo dalla fava. Ma ci vogliono milioni. In tutta Italia, ci saranno sì e no quattro artigiani medio-grossi che si fanno da zero il prodotto. Noi siamo, piuttosto, trasformatori: il nostro gusto sta nella miscela, nelle qualità che facciamo, scegliamo e garantiamo».

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