Cinque giorni senza smartphone: in dieci pronti alla vacanza detox

Cinque uomini e cinque donne dai 21 ai 41 anni staranno al Rifugio Falier ad Agordo senza poter usare la tecnologia. Le loro storie: «Soli e dipendenti dai cellulari»

AGORDO.

Hanno dai 21 ai 41 anni, cinque sono donne e altrettanti uomini, quattro sono italiani e sei stranieri da Brasile, Belgio, Francia, Slovacchia e Inghilterra. Sono studenti, impiegati, psicologi, profumieri, architetti, manager, informatici e sviluppatori web. In comune hanno la dura critica che rivolgono al proprio ritmo quotidiano, senza giri di parole definito «frenetico» e «devastante», con un livello di stress «schiacciante» e un’unanime richiesta di «bonifica mentale», di «cambiamento».

Per riuscire a dare corpo a quest’ultima parola hanno partecipato alla campagna Recharge in Nature, riuscendo, fra 19.102 candidati, a vincere una vacanza gratuita detox nel cuore delle Dolomiti. Dal 13 al 17 settembre, Lucas, Jozef, Fulvio, Ivana, Valentina, Igor, Michel, Stefania, Ionela e Ana Carolina (i cui video di presentazione sono su www.corrierealpi.it) saranno al rifugio Falier (2074 metri) in valle Ombretta al quale arriveranno dopo due ore circa di cammino e dopo essersi liberati di smartphone e altri dispositivi tecnologici.

Quello che, in fondo, vorrebbero fare spesso nel loro quotidiano, ma senza riuscirci come testimonia uno di loro, Lucas, 36 anni, architetto informatico di Lione. «Temo di avere perso la capacità di vivere la vita reale – ha detto nella sua presentazione – con mia moglie passiamo le serate scorrendo lo smartphone senza parlare. Ma non abbiamo il coraggio di cambiare».

Per cinque giorni Lucas sarà costretto a farlo: al Falier, assolutamente scollegati dal mondo esterno, lui e gli altri nove trascorreranno assieme le giornate facendo lavori manuali, attività all’aria aperta, meditazione, scambiando esperienze ed emozioni con uno psicologo esperto in Mindfulness e la comunità locale che è pronta ad accoglierli. Se anche la “cura naturale” sarà di soli cinque giorni, c’è chi racconta di essere talmente travolto dallo stress da non riuscire, da solo, a imporsi uno stop.

Come Ivana, studentessa, che, a soli 21 anni, dice di sé: «Mi sento una supervecchia, prigioniera di una noiosissima solitudine». Aspettative alte, quelle dei partecipanti all’esperimento promosso dai Comuni di Rocca Pietore, Alleghe, Colle Santa Lucia, Livinallongo, Taibon, Cencenighe, Tan Tomaso, nell’ambito del progetto Dolomites Maadness. Anche al di sopra di ogni previsione, sia dell’esperta in marketing turistico che ha ideato la campagna, Emma Taveri di Destination Makers, sia degli osservatori e media per i quali i dati che emergono da questo gioco-concorso sono indicativi: «Le supertecnologie hanno preso il sopravvento sulla nostra volontà – dicono – e seppure sappiamo di essere nati per vivere all’aria aperta, trascorriamo all’esterno solo il 5% della giornata, molto di meno di quanto emerga dall’acqua un cetaceo».

Provare a recuperare l’ossigeno reale e metaforico era quello che tantissimi degli oltre 19 mila candidati di Recharge in Nature auspicavano, concordi nell’affermare che le grandi città in cui vivono sono funzionali alla loro carriera, ma non al loro benessere psicofisico; che le tecnologie sono strumenti di lavoro indispensabili, ma che hanno occupato anche la sfera delle relazioni ed emozioni; che la routine non è rassicurante, ma schiacciante; che la vita nella natura è ormai un miraggio, per riagguantare il quale è valsa la pena inviare in Agordino la candidatura. Solo dieci ce l’hanno fatta. Ora dovranno aprire bene i polmoni. –

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