Cinque richieste contro i «poteri forti»
«Stop subito allo svuotamento dei laghi Requisire le cave per pubblica utilità»
DOMEGGE DI CADORE.
Belluno, questa volta, non l’ha mandata a dire. Con un ordine del giorno approvato all’unanimità da 22 consiglieri provinciali e 155 comunali, il consiglio provinciale e i 17 consigli comunali riuniti in seduta congiunta dei comuni dei laghi del Mis, del Corlo, del Centro Cadore e di Santa Croce hanno detto basta allo svuotamento dei laghi in estate per rifornire d’acqua le campagne della pianura veneta. Una situazione che si ripropone tale e quale ogni anno, e che impedisce lo sviluppo anche turistico della montagna bellunese.
Cinque le richieste:
1) Ridurre subito i prelievi a partire da quest’estate.
2) Utilizzare subito le cave esaurite in pianura come serbatoi.
3) Definire il bilancio idrico dei bacini del Piave e del Brenta prevedendo, oltre al minimo deflusso vitale, anche il livello minimo di invaso di ogni singolo lago, e ridurre i disciplinari di concessione di prelievi d’acqua.
4) Rivedere le decisioni sull’utilizzo dei laghi per la laminazione delle piene, ritenuto «ingiustificato» anche dal punto di vista tecnico.
5) Impegnare il Parlamento a cambiare il decreto legge 152 del 2006 che impone come priorità per l’utilizzo dell’acqua l’uso agricolo (questo punto è stato introdotto con un emendamento presentato da Bottacin).
Su tutto questo l’ordine del giorno chiede alla Regione di «attivare un tavolo unitario con tutti i portatori di interessi istituzionali e i concessionari», vale a dire con la Provincia e i Comuni bellunesi, l’Autorità di bacino, i quattro Consorzi irrigui e l’Enel.
Un ordine del giorno pesante, come ha sottolineato, prima di metterlo ai voti, il presidente Reolon. «Tocchiamo interessi forti», ha avvisato. «Gli interessi di chi ha già le concessioni. I Consorzi irrigui hanno già avuto centinaia di migliaia di euro per la riconversione del sistema di irrigazione ma li hanno usati per ampliare le aree irrigabili non per ridurre l’uso dell’acqua. Le cave non vanno avanti perché si vuole un accordo con i cavatori: le cave vanno requisite per pubblica utilità, non occorre dare soldi ai cavatori, loro i soldi li hanno già fatti coltivando le cave. Nessuno fino ad ora ha avuto il coraggio di toccare questi interessi forti».
«Chiediamo di avere risposte immediate e tangibili», ha detto Reolon. E ha chiarito che questo non può voler dire «ridurre i prelievi del 20%, ma almeno del 40%». E misure strutturali. «Altrimenti ci ritroveremo per prendere altre iniziative. Non possiamo continuare a esprimere di anno in anno il solito malcontento. Senza risposte prenderemo altre iniziative di mobilitazione. Democratiche e serene».
Nell’incontro di Domegge l’esasperazione si toccava con mano. Da parte di tutti, senza distinzione di partito. Se l’amministrazione provinciale è di centrosinistra, quella del 70% dei Comuni è di centrodestra. Ma tutti sono apparsi uniti nell’affrontare la questione a muso duro. Qualcuno, come Bottacin consigliere regionale della Lega e consigliere comunale di Puos, ha addirittura proposto azioni forti, come il blocco dell’Alemagna: «Senza violenze, però».
«Ma dobbiamo sapere», ha detto Reolon, «che le competenze sul demanio idrico non sono della Provincia, non sono dei sindaci, e nemmeno del governo: sono tutte della Regione». Insomma, tocca alla Regione. Che proprio nel giorno del maxi-incontro di Domegge ha annunciato un decreto per ridurre i prelievi del 5% (con una modulazione diversa nell’arco dell’anno) e l’avvio delle procedure per rivedere i disciplinari, che devono essere rivisti da 13 anni e che da quell’epoca sono in regime di «prorogatio». Una goccia nel... lago, rispetto alle richieste. I dati sono noti. Le concessioni prevedono una disponibilità d’acqua di 300 milioni di metri cubi l’anno, mentre ce ne sono solo 120 milioni. Nel conto dell’acqua disponibile, c’è ancora il lago del Vajont che da solo dovrebbe rappresentare il 20% del totale dell’acqua prelevata. Su questo Guido Trento annuncia battaglia fin da giovedì prossimo in Consiglio regionale con un emendamento: «Voglio vedere chi avrà il coraggio di non approvarlo sapendo che il lago del Vajont non c’è più. E mi auguro che venga in aula anche Galan a votarlo».
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