Cipa: «C’era un patto con le istituzioni»

Depuratore bocciato all’ex San Marco di Lentiai, il consorzio degli industriali rivendica l’accordo con il Consiglio di bacino
Di Alessia Forzin
Fiaccolata a Lentiai contro il depuratore
Fiaccolata a Lentiai contro il depuratore

LENTIAI. C’era un accordo di collaborazione fra il Cipa e il consiglio di Bacino. Venne sottoscritto il 15 gennaio 2014 e prevedeva «il conferimento e il trattamento dei reflui civili presso l’impianto di depurazione ex San Marco in comune di Lentiai». Il ricorso che il Consorzio Industriali protezione ambiente ha presentato al Tar del Veneto dopo la bocciatura del progetto del depuratore all’ex San Marco è molto articolato. Ma fin dalle premesse gli avvocati evidenziano un dato: se il Cipa ha avviato la progettazione, che ha dei costi, e tutto l’iter per ottenere le autorizzazioni, è perché l’iniziativa aveva riscosso consensi sul territorio. Poi qualcosa è cambiato, perché il consiglio di Bacino ha detto no alla riattivazione del depuratore, «adducendo motivazioni contraddittorie e, forse, dissimulatorie di un révirement tutto politico», si legge del ricorso.

Nelle premesse c’è la storia del progetto. Il Cipa fa la prima proposta all’Autorità d’ambito bellunese nel 2012, con due obiettivi: superare la carenza di strutture per lo smaltimento dei rifiuti per le aziende e risolvere il problema della vetustà degli impianti destinati a trattare i reflui civili a Busche, Cesiomaggiore, Lentiai.

Bim Gsp manifesta il proprio interesse, perché rifare il depuratore di Villaghe costerebbe oltre 4 milioni di euro, mentre il collettamento all’impianto all’ex San Marco comporterebbe un costo, a carico del servizio idrico, stimato in 1,3 milioni di euro. Gsp aggiunge anche che una sistemazione del depuratore alle Villaghe è urgente.

Il progetto del Cipa viene valutato positivamente anche dal consiglio di Bacino: il 2 ottobre 2013 il direttore scrive che la proposta «presenta elementi di economicità rispetto all’ipotesi di rifacimento ex novo degli impianti di depurazione esistenti», posizione confermata da parte del presidente del consiglio di Bacino all’inizio del 2014.

Tale appare l’interesse pubblico del progetto, che il 15 gennaio 2014 viene sottoscritto un accordo di collaborazione fra Cipa e consiglio di Bacino. Cipa prepara il progetto, a fine 2015 si arriva in commissione Via e il presidente del consiglio di Bacino bellunese riconosce «la valenza strategica di un polo aggregato di depurazione». La giunta regionale rilascia il parere di compatibilità ambientale, l’autorizzazione paesaggistica e l’autorizzazione integrata ambientale il 26 luglio 2016. Seguono incontri, per attuare il famoso accordo di collaborazione risalente al 2014. Nel frattempo, però, sale la protesta delle comunità e Cipa modifica il progetto limitandolo al trattamento dei reflui civili. L’assemblea dei sindaci, riunita il 13 ottobre, vota a larghissima maggioranza di bocciare il progetto.

Secondo Cipa, i motivi addotti sono inconsistenti: l’assemblea «si è espressa su un progetto superato», visto che era stata abbandonata l’idea di trattare reflui industriali; la Regione e la Via «non avevano affatto imposto la manutenzione straordinaria dell’impianto di Villaghe»; infine, il progetto Cipa «rimaneva economicamente vantaggioso, sia in termini di costo del trattamento per unità di volume, sia rispetto al costo del rifacimento degli impianti esistenti». Fra i vizi sostanziali evidenziati si legge: «Lattebusche non si oppone affatto all’iniziativa».

Il Cipa chiede l’annullamento della delibera che ha bocciato il progetto e i danni, quantificati in 188.177,03 euro, perché «dal gennaio 2014 gli investimenti costituivano attuazione degli obblighi assunti con l’accordo del 15 gennaio. Le somme spese, dunque, non possono essere qualificate quali perdite imputabili a rischio d’impresa».

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi