Cittadinanze, Zoldo mette un freno: seicento euro per aprire la pratica
La Finanziaria autorizza la richiesta. Il sindaco De Pellegrin: ora la Provincia coordini i Comuni bellunesi
![La bandiera brasiliana esposta per protesta in municipio di Val di Zoldo](https://images.corrierealpi.it/view/acePublic/alias/contentid/1gekbj3vkzgbxjsac56/0/copia-di-copy-of-image_0.webp?f=16%3A9&w=840)
Seicento euro da pagare per chiedere in Comune il riconoscimento della cittadinanza italiana per “iure sanguinis”, ovvero in quanto discendenti di italiani, 300 per chiedere gli estratti di atti anagrafici risalenti ad oltre un secolo fa.
Il balzello reso possibile dalla nuova Finanziaria appena entrata in vigore non fermerà la marea di pratiche per il riconoscimento della cittadinanza in cui annaspano gli uffici comunali di Val di Zoldo ma almeno la rallenterà per un po’.
È lo spirito con cui il sindaco Camillo De Pellegrin annuncia che l’amministrazione, alla prima seduta di giunta utile, procederà senz’altro a cogliere l’opportunità prevista dalla finanziaria, introducendo senz’altro l’obbligo di pagamento dei due contributi.
Un annuncio che arriva dopo il ricorso di un oriundo contro il Comune di Seren del Grappa, che ha visto il Tar riconoscere le difficoltà degli enti locali a far fronte nei tempi previsti alla marea di pratiche per il riconoscimento di cittadinanza di oriundi.
«Con la nuova Finanziaria lo Stato ha voluto darci un contentino, la possibilità di introdurre il contributo da pagare per le pratiche di cittadinanza e le ricerche anagrafiche», allarga le braccia De Pellegrin, rimarcando che «questa cosa non farà venire meno le richieste, le farà solo risultare più costose a chi le presenta, ma comunque lo applicheremo e valutiamo di farlo con l’importo massimo previsto».
Il problema, dice De Pellegrin, «è che il pagamento del contributo dovrà essere applicato anche alle richieste presentate dai cittadini italiani. Se un domani arriva un tecnico che chiede di fare una ricerca anagrafica, ad esempio per una successione, dovrà pagarlo pure lui».
La situazione degli uffici comunali e dell’anagrafe in particolare è però insostenibile, a Val di Zoldo, a causa della mole di pratiche di cittadinanza da smaltire. E dunque l’amministrazione De Pellegrin vuole giocare anche questa carta.
«Seguono sempre lo stesso iter», spiega il sindaco, «vanno in tribunale e chiedono il riconoscimento della cittadinanza, quindi il tribunale dice a noi che spetta al Comune trascrivere tutti gli atti, e alla fine si vanno ad iscrivere all’Aire. Ormai a Val di Zoldo abbiamo quasi più iscritti Aire che residenti, a Soverzene gli Aire sono il triplo dei residenti. E quando i Comuni non ce la fanno a fare le trascrizioni nei tempi di legge, il richiedente si rivolge al Tar e fa causa al Comune».
È quello che è accaduto nel caso di Seren del Grappa, con il Comune che alla fine ha completato la pratica e il Tar del Lazio ha chiuso la vicenda essendo venuta a mancare la causa del contendere.
Non senza però disporre che il privato si sarebbe dovuto accollare le sue spese legali, «tenuto comunque conto della documentata situazione di cronico sotto-organico in cui si trova l’amministrazione intimata, la quale non si limita soltanto alla pedissequa iscrizione, ma richiede una serie di accertamenti sulla regolarità e completezza della documentazione (risalente anche di secoli) che spesso comportano inevitabili lungaggini nella procedura».
Un riconoscimento morale delle difficoltà dei Comuni di fronte alla marea di pratiche di cittadinanza ma, sul piano pratico, una vittoria di Pirro, è la reazione a Val di Zoldo.
Stigmatizzata via social da Alina Maier, la responsabile dell’ufficio anagrafe, che ha richiamato l’attenzione sul fatto che comunque i Comuni sono costretti a spendere soldi per incaricare avvocati e resistere in giudizio.
Ma anche dallo stesso sindaco De Pellegrin: «Non solo il Comune deve spendere soldi per i legali, ma deve anche accantonare le pratiche correnti, quelle che riguardano i residenti, per dare la precedenza alle pratiche oggetto di ricorso al Tar. C’è una resa dello Stato, che non mette mano alla legge 91 del 1992 che concede la cittadinanza iure sanguinis a chiunque abbia un antenato italiano, non importa quanto tempo indietro».
In questa situazione, spiega De Pellegrin, il Comune di Val di Zoldo ha cambiato strategia: «Invece che incarica un avvocato, una volta trascritti gli atti lo comunichiamo al giudice attraverso l’Avvocatura di Stato. Perché è incredibile che i Comuni debbano anche pagare studi legali per difendersi quando dovrebbe essere lo Stato a farlo».
E ora che la Finanziaria ha introdotto, dal primo gennaio, la possibilità di istituire il pagamento per ottenere le pratiche, Val di Zoldo utilizzerà anche questa strategia.
«L’introduzione del contributo porterà sicuramente ad una maggior attenzione da parte di privati e agenzie prima di chiedere accessi agli atti e agli archivi. Sicuramente avrà l’effetto di placare un po’ l’assalto di richieste fatte alla leggera. Certo, sarebbe bello che non restasse una nostra iniziativa isolata ma che la Provincia prendesse in mano la situazione, coordinando i Comuni bellunesi in modo che si adotti una linea uniforme. E va detto che anche i tribunali, a loro volta oberati da queste pratiche, hanno rinviato tutte le udienze di cittadinanza al 2026. Ma è paradossale che siano dei giudici ad intervenire e non il Parlamento».
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