Nuovi codici delle prestazioni, è caos nel Bellunese. I medici di base: situazione inaccettabile
Aumentano i tempi per scrivere una ricetta: «Non si può lavorare così». A rischio anche le esenzioni di pazienti fragili
È caos negli ambulatori dei medici di famiglia dopo l’introduzione dei nuovi codici delle prestazioni prescrivibili nelle ricette. Insorgono i professionisti bellunesi: «Situazione inaccettabile. In questo modo perdiamo tantissimo tempo per trovare i codici giusti, rischiando anche di prescrivere esami non corretti, seppur in buona fede».
Cosa è successo
Tutto è cominciato il 30 dicembre, quando Azienda Zero ha rilasciato l’ultima versione aggiornata del Catalogo Veneto del Prescrivibile (Cvp), ovvero il sistema che codifica le prestazioni specialistiche e di laboratorio erogate dal Servizio Sanitario Regionale e che permette la corrispondenza tra le visite e gli esami prescritti e quelli erogati.
Uno strumento fondamentale, il Cvp, per creare una concordanza di lettura e di interpretazione tra i diversi soggetti che erogano le prestazioni – aziende sanitarie, laboratori privati accreditati e convenzionati, ospedali pubblici e privati – e per una corretta ed efficace comunicazione tra questi soggetti, chiamati anche ad analizzare le risposte della sanità ai bisogni di salute della popolazione. Ogni prestazione ha un codice, univoco per tutti. Non si può sbagliare. O quasi.
La situazione nel Bellunese
«Siamo alle solite», sbotta Luciano Bassi, medico della Medicina di gruppo integrata di Cavarzano. «La confusione è generale. Il software che utilizziamo nei nostri ambulatori non è riuscito ad aggiornarsi ai nuovi codici e oggi ci troviamo di fronte a una vera e propria incomunicabilità tra i nostri sistemi e quelli degli ospedali e delle strutture sanitarie del territorio. Così stando le cose, è alto anche il rischio di incorrere in errori di prescrizione, visto che i codici come li conoscevamo prima di gennaio erano di un tipo e ora sono cambiati».
«È un ulteriore disagio che si aggiunge a tutti quelli con cui dobbiamo convivere ormai da tempo», incalza Gianluca Rossi, medico di famiglia di Belluno ed esponente dello Snami. «Un giorno siamo alle prese con il malfunzionamento della piattaforma per le ricette farmaceutiche, il successivo con i nuovi codici, e via così. Tutto questo non farà altro che aumentare la stanchezza nei medici di famiglia, che appena potranno scapperanno da questa professione», sottolinea Rossi, pensando anche ai giovani che vorrebbero intraprendere questa professione.
«Qui siamo all’incomprensione tra sistemi», sbotta dal cadore Enzo Bozza. «Non essendo riusciti ad adeguarci in tempo al nuovo sistema, non riusciamo più a comunicare con gli ospedali e i laboratori analisi. I codici alfanumerici che corrispondono agli esami che possiamo prescrivere ai nostri pazienti sono cambiati. E la difficoltà è quella di riuscire a trovare tra la miriade di nomi del nomenclatore quelli di interesse», spiega Bozza, portando un esempio. «Fino all’anno scorso se volevo prescrivere “l’infusione di ferro”, scrivevo e usciva il codice, ora a questa voce non esce nulla. A questo punto noi medici dobbiamo pensare a tutte le possibili combinazioni di termini per ottenere lo stesso esame che da oggi si chiama “iniezione di altre sostanze terapeutiche”. Si capisce che l’operazione non è così immediata. E da qui l’aumento dei tempi per scrivere una ricetta, con i pazienti costretti ad attendere».
Disillusi e arrabbiati
«La soluzione migliore sarebbe stata lasciare un paio di mesi in cui si potevano utilizzare in parallelo sia i vecchi sia i nuovi codici per evitare il caos attuale», ribadisce ancora Bassi, che lancia anche un altro allarme: «A rischio sono anche le esenzioni che non sempre vengono riconosciute con i nuovi codici. C’è il rischio che il paziente debba pagare la prestazione per intero. Un esempio? Prendiamo le donne in gravidanza: alcune voci di esenzione per questa categoria di pazienti nel nuovo sistema non sono più riconosciute in modo automatico, quindi dobbiamo inserirle a mano o dobbiamo trovarle nel sistema. Perché», si domanda sconsolato Bassi, «si è dovuto cambiare i codici? Questo non fa che mettere in croce ancora una volta noi medici di famiglia. E alla fine a rimetterci è sempre il paziente».
Alcuni esempi
A far capire come potrebbe essere semplice sbagliare la prescrizione in buona fede ci pensa Rossi. «Se uno chiede il dosaggio della “Vitamina D (1,25 - OH)”, sta chiedendo il metabolita della vitamina D, che viene dosato con sistemi complessi solo al laboratorio centrale di Padova. Con i nuovi codici, il dosaggio della vitamina D da richiedere per uno stato deficitario va sotto la dicitura “Vitamina D (25-OH)”. Quindi nomi tra loro molto simili, ma portatori di esami molto diversi. E ancora per una colonscopia con sedazione da oggi serviranno due prescrizioni separate: una per la colonscopia e una per la sedazione cosciente, ciò significa che il paziente pagherà due ticket, quando prima si potevano accorpare in un’unica dematerializzata e il paziente pagava un solo ticket. È pazzesco».
«Anche per il classico Psa, l’antigene prostatico specifico le cose sono cambiate», conclude Bozza. «Una volta bastava riportare nelle ricetta la richiesta del Psa, ora invece si deve andare a cercare la nuova dicitura che non sappiamo neanche quale sia. Tra noi medici di base del Bellunese si è creata una chat: quando uno trova qualche nuovo codice lo segnala agli altri, così da agevolare il lavoro di tutti. Il problema maggiore resta quindi quello di trovare la dicitura nuova corretta da poter inserire e la cosa non è facile e immediata».
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