Colleghi in aula per ricostruire la dinamica dell’infortunio

COMELICO SUPERIORE. Hanno ripercorso quei drammatici momenti per aiutare il giudice a capire cosa sia successo quel 4 dicembre 2014, quando un incidente sul lavoro costò la vita al 48enne padovano...
COMELICO SUPERIORE. Hanno ripercorso quei drammatici momenti per aiutare il giudice a capire cosa sia successo quel 4 dicembre 2014, quando un incidente sul lavoro costò la vita al 48enne padovano Stefano Zacchia. L’uomo, originario di San Giorgio in Bosco, rimase gravemente ferito in Comelico, a Dosoledo di Comelico Superiore, mentre stava lavorando per conto di Enel alla sostituzione di un cavo di media tensione con la ditta Tecnoelectra di Camposampiero. Imputato con l’accusa di omicidio colposo M.B., 37enne padovano all’epoca caposquadra.


Ieri in tribunale a Belluno sono stati a chiamare a testimoniare l’ispettore incaricato di verificare le condizioni di sicurezza sul lavoro e alcuni colleghi della vittima, morta in ospedale a Mestre due giorni dopo l’incidente. «Io mi trovavo a circa 70 metri da Zacchia» ricorda un collega, «e stavo guardando nella sua direzione perché dovevo avvertirlo quando il cavo arrivava in posizione. Ma, mentre un altro collega lo stava montando, il cavo è sceso di circa 60 centimetri. Ho visto Zacchia che correva verso l’argano per sbloccarlo e in quel momento la macchina si è ribaltata. Pioveva, indossavamo delle tute da lavoro ed è caduto insieme all’argano».


Quello che è successo dopo è, purtroppo, noto. Il macchinario è rotolato lungo il pendio agganciando Zacchia e trascinandolo per una cinquantina di metri. Vani i tentativi di salvarlo da parte dei medici. In aula, alla presenza del giudice Antonella Coniglio, ci si è però concentrati su quello che era successo prima di quel drammatico momento, in particolare sulla presenza di un punto di ancoraggio sussidiario oltre a quello fornito dallo stabilizzatore dell’argano. Una funzione che solitamente viene svolta da corde, catene o picchetti. «È previsto nelle istruzioni» ha spiegato il tecnico chiamato a testimoniare per primo, «ma nella zona dell’infortunio non abbiamo trovato sezioni di corda o catene». Ora la parola passa ai testimoni della difesa. L’udienza è stata rinviata al 27 aprile del prossimo anno.


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