Colpa delle accelerazioni di un F16 in quota
VITTORIO VENETO. Una e più accelerazioni ad alta quota di un F16 che volava sopra la pedemontana trevigiana, la Valbelluna, il Friuli. Tre impennate di gas che hanno portato il jet a sfondare la barriera del suono creando tre distinti boati capaci di scuotere il terreno, le finestre delle case e spaventare centinaia di persone.
Tutto è successo ieri mattina, tra le 10 e le 11 mentre nei cieli italiani era in corso un volo di addestramento autorizzato del 31° stormo Fighter Wing, il reparto di volo statunitense ospitato nella base di Aviano 31st Fighter Wing.
Uno il jet impegnato nel’addestramento in un’area vastissima. Tutto era stato calcolato su piani di volo, mappe e cronometri, meno il fatto che il velivolo sfondasse il muro del suono in tre occasioni. «Si è trattato di un imprevisto durante un’attività autorizzata e concordata», fanno sapere dalla base di Aviano, «gestita comunque in massima sicurezza». Perché allora l’aumento di velocità? Una spacconata alla “Top Gun” o un errore? Dalla base fanno sapere che «l’accelerazione e il conseguente sfondamento della barriera del suono con la creazione dei boati è stato causato anche dalle condizioni meteo che gravavano nella zona», dove ieri mattina c’era cielo tersissimo ma anche vento da est. Sarebbe stata l’unione di questi due elementi a portare l’F16 statunitense oltre la velocità stabilita dal volo di addestramento.
A portare subito sulla pista degli aerei militari era stato il sistema di rilevamento terremoti, che non aveva registrato nulla se non una serie di vibrazioni attribuibili però al boato in aria (e non ad un evento sotterraneo) come anche il fatto che nella zona di Aviano non mancassero precedenti in materia nelle scorse settimane (l’ultimo episodio meno di dieci giorni fa), con una serie di boati in tutto e per tutto simili a quelli registrati ieri avvenuti nei dintorni dell’aeroporto militare Usaf.
Difficile però reperire subito l’informazione, sia per la delicatezza del tema, sia per le necessarie verifiche di quanto avvenuto in quota.
All’inizio infatti si ipotizzavano due o più aerei; ma aerei partiti da dove? Scartata l’ipotesi di esercitazioni internazionali – non effettuate – restavano poche possibilità sulla provenienza dei jet o del jet: Istrana, Aviano o addirittura caserma Ederle, a Vicenza. Istrana, ieri mattina, ha fatto subito sapere di «non avere alcuna relazione con i boati avvertiti a nord della provincia». L’aeroporto militare a nord-ovest di Treviso dove è di casa il 51° stormo non aveva infatti nemmeno attività di volo in zona. L’attenzione si è spostata così sulle due basi statunitensi in Friuli e Veneto. Fonti interne alla Ederle hanno fatto sapere di non avere relazione con quanto avvenuto. Di qui: Aviano, che nel pomeriggio ha confermato l’accaduto ribadendo però «come tutto fosse concordato, e non ci siano stati mai problemi per la sicurezza». Quel che non è stato calcolato, da chi forse non è avvezzo a spingersi a oltre 1200 km/h, è l’effetto a terra di questa spinta propulsiva, capace di risuonare come un’esplosione per chilometri scatenando un allarme tale da spingere gli insegnanti ad evacuare due scuole come avvenuto in Valbelluna.
Decine le telefonate arrivate ai centralini della forze dell’ordine, decine le persone uscite di casa per capire se fossero tornati i boati del Fadalto o se la terra avesse ricominciato a vibrare. Per ore, in tanti, hanno guardato con ansia le montagne sopra Vittorio Veneto aspettandosi il peggio.
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