Comelico: cacciatore ucciso durante la battuta al camoscio
Renzo Alfarè Lovo è spirato tra le braccia del figlio che era con lui
Renzo Alfarè Lovo durante una battuta di caccia
COMELICO SUPERIORE.
E' morto tra le braccia del figlio Claudio dopo essere stato colpito da una pallottola vagante, proveniente quasi certamente dal fucile dell'amico. Tragedia ieri alle 13 sul Creston del Popera, a duemila metri d'altezza. Renzo Alfarè Lovo, 50 anni di Candide ma residente con la famiglia a Santo Stefano, era uscito per la caccia al camoscio. A indagare sull'epidosio è la Guardia di finanza.
Era la sua unica grande passione, ma gli è stata tragicamente fatale. Renzo Alfarè Lovo è morto sotto gli occhi del figlio forse a causa di un colpo partito per sbaglio dal fucile del suo migliore amico, Fabio De Lorenzo Dandola. Erano usciti insieme ieri mattina come facevano da anni a questa parte.
La notizia è piombata su un Comelico attonito e stupito. Sia Alfarè - titolare di una impresa edile - che De Lorenzo - barista a Padola - erano conosciuti come due esperti cacciatori. «Una disgrazia», hanno ripetuto ieri i parenti e i compaesani. «Una terribile disgrazia».
Sulla dinamica stanno indagando gli uomini della Guardia di finanza di Auronzo che ieri si sono precipitati sul posto non appena lanciato l'allarme. Con loro (tra gli altri) i carabinieri di Padola e gli uomini del Cnsas. Una task-force di uomini e mezzi che non ha potuto che constatare la tragedia.
Sono da poco passate le 13 quando viene allertato il Suem 118. I tre uomini si trovano a duemila metri d'altezza nelle vicinanze dell'ex rifugio Sala. Alfarè Lovo è esanime tra le braccia del figlio. A rilevare il decesso sono il medico, l'infermiere e il tecnico di Soccorso alpino che vengono calati in hovering dall'elicottero. Non c'è niente da fare, solo disperazione.
Una volta ottenuto il nulla-osta da parte della magistratura, il corpo dell'uomo è portato al rifugio Lunelli a circa 1600 metri di quota. E' qui che viene allestito una sorta di campo base per i soccorritori. Alla spicciolata arrivano - oltre ad alcuni familiari - anche diversi cacciatori della riserva di caccia di Comelico Superiore. Tra le 13 e le 14,30 il giro di telefonate è vorticoso. Nessuno si capacita di quanto successo sul Popera.
Restano da chiarire le dinamiche dell'incidente che sono al vaglio dei finanzieri di Auronzo che ieri pomeriggio hanno sentito i protagonisti della vicenda.
Stando a una prima ricostruzione, Alfaré Lovo si sarebbe trovato sulla traiettoria del secondo colpo sparato dall'amico De Lorenzo Dandola e diretto a un animale che già stava scappando dopo la prima esplosione. Inizialmente si era anche detto che il colpo fosse partito accidentalmente dopo una caduta dell'amico.
Il figlio dell'uomo - sempre stando a una prima ricostruzione peraltro non ufficializzata dagli inquirenti - sarebbe stato spettatore inerme dell'intera scena. Il diciannovenne non ha ancora ottenuto il patentino da cacciatore e proprio in queste settimane doveva sostenere dei colloqui a Belluno. A confermarlo sono sia la Riserva di caccia che i familiari del giovane.
Se sulle dinamiche la cautela è d'obbligo, resta l'aspetto umano perché su Santo Stefano e Comelico Superiore è piombata una cappa di dolore. Una sofferenza profonda che ieri si percepiva all'albergo Centrale di Santo Stefano, struttura gestita dalla moglie di Alfaré Lovo, Paola Buzzo Piazzetta. Qui si sono riuniti i familiari prima di partire per Belluno dove a metà pomeriggio è arrivata la salma dell'uomo, su cui è stata disposta un'autopsia. Scontata, a questo punto, l'apertura di un fascicolo per omicidio colposo.
Renzo Alfarè Lovo oltre al figlio Claudio e alla moglie Paola lascia un altro figlio, Luca, di soli 15 anni.
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