Comelico: folla per l'addio a Renzo Alfarè

Il feretro portato a spalla dal figlio Claudio e dall'amico Fabio De Lorenzo
A lato il momento dell’arrivo del feretro alla chiesa
A lato il momento dell’arrivo del feretro alla chiesa
SANTO STEFANO DI CADORE.
Non è grande a sufficienza la chiesa del centro del Comelico per contenere quanti hanno scelto di stringersi attorno al dolore che mercoledì pomeriggio ha ammutolito tutta la vallata.

A salutare Renzo Alfarè Lovo c'erano persone fin sotto l'atrio d'entrata, in silenzio e composte, sconvolte dalla tragedia, ma con lo stesso affetto puro e semplice con cui Renzo esprimeva amicizia ed entusiasmo per la vita. Gli amici, accomunati a lui per la passione della caccia, erano tutti presenti, alcuni schierati attorno al feretro per tutta la durata della celebrazione.

Le navate colme di cari e conoscenti erano tese in un abbraccio alla moglie Paola, ai figli Claudio e Luca e ai familiari.

Sia Claudio il primogenito che ha partecipato agli ultimi istanti della vita del padre sia Fabio De Lorenzo, l'amico che era con loro nella battuta di caccia, hanno accompagnato Renzo con gli altri amici portando in spalla un dolore grande con una forza ancora più grande.

«Incontrandomi con i familiari», ha detto don Diego Soravia nell'omelia, «Paola mi ha riferito dell'abitudine che avevano prima di addormentarsi: facevano il segno della croce. Renzo alla sua sposa chiedeva: "ti sei segnata?" La croce è centrale nella vita di ogni cristiano», ha aggiunto don Diego, non riuscendo più volte a mascherare l'emozione «caratterizza ogni chiesa, ogni capitello, e ogni cima delle nostre montagne indica la fede che è il nucleo essenziale del nostro credo».

«Noi non crediamo a Gesù», ha continuato il sacerdote, «perché ha moltiplicato i pani o guarito i lebbrosi, ma crediamo nel Dio di Gesù Cristo perché è passato attraverso quella croce. E nel segno della croce guardiamo alla salvezza che ci è data. La realtà che ha segnato Paola, i suoi figli e i suoi cari è difficile e assurda. Ma quel modo di dire di Renzo: "Paola ti sei fatta il segno della croce" è carico di significato».

«Non sta a me», ha aggiunto il celebrante, «spiegare perché e come, o giustificare Dio. Non è compito nostro capire un progetto troppo grande. Guardiamo a quella croce e da quella attendiamo la salvezza. Accanto alla croce di Cristo vorremmo porre questa tragedia inattesa e immatura, insieme alle altre che recentemente hanno trafitto il Comelico. Quella di Renzo è una croce non cercata che mette in difficoltà più famiglie, gruppi e colleghi di passioni».

«Al di là delle domande mettiamo nel cuore di Dio la sofferenza del momento che tu, Claudio, hai vissuto e che hai comunicato. Guardavo la bara e mi pare di aver visto che il papà è nato il 25 marzo: quel giorno era lieta la notizia. Tu, Claudio hai dato una notizia tremenda 50 anni dopo, nello stesso giorno dell'anniversario di matrimonio di mamma e papà. Questa croce non è un fatto momentaneo, non è vero che il tempo guarisce le ferite: avrete da portare per tutta la vita questo vuoto. Però», ha proseguito don Diego, «vorrei chiedere per voi al Signore il dono di continuare a fare il segno di croce, come era ben abituato il papà, in ricordo della sua fede essenziale, che non ha bisogno di tante parole né di tante celebrazioni, ma proviene da una forza interiore grande e robusta come la roccia. Chiedo che la croce del papà di Luca e Claudio, dello sposo di Paola, di un fratello, di un familiare e amico possa nel tempo essere fonte di bene e salvezza, chissà come e chissà in quale modo».

Don Diego ha concluso dicendo «vi sia di conforto anche questa nostra fraterna e numerosa vicinanza. Paola, ti sei segnata? Continua a farlo». All'uscita del feretro nella piazza Roma gremita, tante mani hanno applaudito.

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