Commercio: una ripresa che non si vede
BELLUNO. L’“Annus horribilis” per il commercio bellunese è stato il 2014. A soffrire parecchio il settore alimentare, ma non solo. E la tendenza dei primi mesi di quest’anno dicono che ancora non è possibile parlare di ripresa.
«Le conseguenze della crisi generale nel nostro territorio sono state percepite con un anno di ritardo», commenta Stefano Calvi, segretario generale della Fisascat Cisl, ieri in conferenza stampa con Mauro De Carli della Filcams Cgil per parlare del rinnovo del contratto nazionale Confcommercio. «A tenere più di altri è stato il commercio dell’elettronica. Il più bastonato, invece, quello legato all’edilizia. Basti pensare al ridimensionamento dell’Ex Fadalti e a tutte le ripercussioni a cui ha dato seguito». Per il comparto alimentare, i dati dei primi tre mesi 2015 sono leggermente migliori, «ma sono comunque “drogati” dalle vacanze natalizie», dice ancora Calvi.
La situazione non rosea è confermata anche da Confcommercio Belluno. «La grande distribuzione nel 2014 ha sofferto molto», sottolinea il direttore Luca Dal Poz. «I dati del quarto trimestre dello scorso anno diffusi da Veneto Congiuntura dicono che il commercio al dettaglio ha subito un calo dell’1,2% rispetto al precedente trimestre. Il dettaglio specializzato non alimentare ha registrato un -2,2% e l’alimentare un -0,2%. Sono dati regionali, ma la provincia di Belluno è in linea con questi numeri. Anche il saldo dell’occupazione è negativo. E lo stato d’animo degli operatori non è certo improntato alla fiducia». Intanto una notizia positiva, sottolineata ieri dalle organizzazioni sindacali, è il rinnovo del contratto nazionale di lavoro del terziario, distribuzione e servizi, siglato dai sindacati con l’associazione datoriale Confcommercio.
«Dopo l’interruzione della trattativa nel giugno scorso, commenta De Carli, «il carattere unitario della firma, che vede insieme Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, è un bel traguardo. Domani mattina (oggi, ndr) riprenderà la trattativa con Federdistribuzione, Federesercenti e le Coop. Gli eventuali accordi con queste sigle datoriali dovranno avere le stesse ricadute di quello siglato con Confcommercio».
In provincia le imprese attive nel commercio, secondo dati Ascom, sono circa 5 mila (per un totale di 25mila addetti). «Pur essendo felici del nuovo contratto», aggiungono Calvi e De Carli, «sappiamo che una buona fetta dei nostri delegati, ossia quelli non aggregati a Confcommercio, non potrà usufruirne». In ogni caso, il nuovo contratto permette di raggiungere risultati oltre lo sperato sul fronte dei salari.
«Per la gestione degli orari, altro punto spinoso (tra l’altro, la rottura tra Confcommercio e Federdistribuzione è nata sulla questione delle aperture domenicali, ndr), i datori volevano che rimanesse in mano loro la massima libertà. Ora, invece, per fare settimane corte seguite da settimane lunghe, anche oltre il sopportabile per il lavoratore, dovrà esserci un accordo sindacale».
E oggi si saprà qualcosa in più sul futuro in provincia del gruppo Unicomm, di cui ieri i sindacati hanno incontrato i vertici. A seguire le riunioni con i lavoratori di Guarnier e Mega. «Il gruppo sta facendo operazioni di assorbimento», chiosano Calvi e De Carli, «e vogliamo capire cosa implicherà per il nostro territorio, che intendiamo tutelare, con i suoi lavoratori e la sua popolazione».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi