Commessa in Procura è assolta in Appello

La pena passa da quattro anni a uno per Ginevra Esposito La condanna è per accesso abusivo al Registro generale

BELLUNO. La commessa della Procura è stata assolta in Appello dal reato di rivelazione di segreti d’ufficio. E Ginevra Esposito ha ottenuto anche un robusto sconto di pena. In primo grado era stata condannata dal Tribunale di Belluno a quattro anni di reclusione, ma a Venezia si è scesi a uno, per l’accusa di accesso abusivo a un sistema informatico, cioè il Registro generale dove si trovano tutti i procedimenti penali in corso. Concessa dalla Corte la sospensione condizionale della pena.

La sentenza bellunese era stata impugnata dai difensori Lauria e Ancora del foro di Trapani, che a questo punto appelleranno anche quella appena abbassata e andranno in Cassazione, l’ultimo grado di giudizio: «La sentenza della Corte d’Appello di Venezia corregge una manifesta ingiustizia nei confronti di un’impiegata che ha sempre fatto il proprio dovere con serietà e abnegazione», sottolineano i legali, «impugneremo anche la condanna veneziana e riteniamo che la suprema corte possa rimuovere questa anomalia».

La settimana scorsa la stessa Esposito è stata condannata a due anni e quattro mesi dal giudice Feletto per calunnia nei confronti di un’amica e degli avvocati Raffaella Mario e Sonia Sommacal. Secondo Lauria e Ancona, il fatto che sia venuto meno il reato di rivelazione di segreti d’ufficio può significare che cadrà anche l’accusa di calunnia.

La donna si era vista contestare dall’allora procuratore Francesco Saverio Pavone qualcosa come 18.196 ricerche nel Registro generale, con una password «usata in modo illecito», con lo scopo di venire a conoscenza di iscrizioni e procedimenti a carico di se stessa, del marito e di diverse altre persone. Le informazioni sarebbero state comunicate a Livia Mateescu e a suo marito Massimo Cesco Bolla. La richiesta finale della Procura distrettuale era stata di tre anni di reclusione, stabilito il vincolo della continuazione tra i due reati, ma la sentenza del collegio bellunese era andata oltre, visto che erano stati ritenuti provati entrambi i reati. L’unica parte civile era Mario Gallina con l’avvocato Coppa. Un privato cittadino, che non aveva niente a che vedere con l’imputata; lui aveva affittato un appartamento a Mateescu e l’imputata aveva cercato notizie anche su di lui. Non c’è stata una richiesta precisa di risarcimento danni, che è stato stabilito in via equitativa in 5 mila euro complessivi.

I fatti sono del 2012 e non manca molto alla prescrizione e, dunque, all’estinzione del reato, perché è passato troppo tempo da quando sarebbe stato commesso. —

G.S.

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