Compenso ai medici, l’Usl 1 apre

Il dg: «Se ne può parlare, ma le risorse sono poche». La Fimmg: «Da anni è pronto uno studio»
Di Paola Dall’anese

BELLUNO. «Si può prendere in considerazione la proposta, anche se bisognerà fare i conti con le scarse risorse a disposizione dell’Usl 1». È una semi apertura quella del direttore generale Adriano Rasi Caldogno verso i medici di famiglia, che hanno chiesto un contributo aggiuntivo - come stabilito da una norma regionale - per coloro che operano in territori disagiati.

La questione è stata sollevata dall’Ordine dei medici e dalla Federazione dei medici di famiglia, allarmati dal fatto che fra qualche anno la metà dei camici bianchi del territorio andranno in pensione e sarà sempre più difficile trovare dei sostituti. Una difficoltà non solo dettata dal numero chiuso delle università, ma anche da una realtà, quella bellunese, che presenta diverse peculiarità geomorfologiche che rendono poco appetibile e molto dispendiosa l’attività per i medici.

E così questi ultimi rivendicano quel diritto sancito dalla Regione ad avere un compenso aggiuntivo annuo che può oscillare dai 6,20 € per assistito nelle aree disagiate ai 7.746 euro forfettari annui per le zone disagiatissime. E poiché le aziende sanitarie bellunese e feltrina mai hanno adottato questo sistema, i medici di famiglia puntano il dito contro le loro dirigenze.

«La vicenda è datata», commenta Rasi Caldogno. «Da quanto ne so l’Usl aveva anche proposto una modalità di attuazione del contributo aggiuntivo, ma la componente sindacale dei camici bianchi aveva una visione diversa e così non se n’era più fatto niente. Comunque noi siamo aperti al dialogo: per questo dico che la discussione sul tema può essere riaperta», accenna il dg.

Si dicono cautamente contenti gli interessati, che però spiegano: «Diversi anni fa avevamo avviato uno studio per capire quali nostri comuni sono disagiati o disagiatissimi. Tramite un software», precisa Giuseppe Barillà, vice segretario della Fimmg e diretto autore insieme a un collega feltrino di questo studio, «avevamo trovato che erano una decina le aree disagiate e circa sette quelle in condizioni ancora peggiori. Lo studio era stato presentato al tavolo della commissione paritetica delle Usl 1 e 2 che ne aveva preso atto. Ci era stato detto che ci avrebbero richiamato per iniziare la discussione nel merito».

Ma da allora i medici stanno ancora aspettando. «Sappiamo che questo compenso aggiuntivo è stato introdotto nell’alto Vicentino e anche Veronese. Se ora c’è un’apertura in questo senso da parte della direzione, ben venga, anche se il fatto che le risorse siano risicate fa intuire come andrà a finire».

A chiedere che la Regione faccia applicare la norma sui contributi aggiuntivi per chi opera in aree disagiate è anche il consigliere veneto del Partito Democratico, Mauro Pigozzo, che sul tema ha presentato un’interrogazione urgente per avere chiarimenti sui motivi per cui «da sedici anni non è applicata la norma. Questa disomogeneità è assurda e va a colpire proprio le aree più delicate, penalizzandole ulteriormente».

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