«Comune bloccato se mi dimettessi»
CORTINA. «Io non cedo, non mi dimetto, non mollo, per principio, perché me lo chiede la gente, perché ho la coscienza a posto, perché Cortina è amministrata bene in mia assenza».
Più carico e determinato che mai Andrea Franceschi all'indomani della decisione del Gip di Belluno di non revocare l'esilio, rimarca che non abbandonerà il ruolo di sindaco. «L'esilio può durare tre anni», ammette Franceschi, «mi auguro di tornare presto a casa, nel mio paese, ed a fare il sindaco. Mi hanno eletto i cittadini e mi sono impegnato per il mio paese e voglio continuare a farlo. Non mi dimetto soprattutto per il bene che voglio a Cortina. Se io mi dimettessi il Comune si bloccherebbe. Non si andrebbe ad elezioni il giorno dopo come qualcuno spera, ma passerebbe almeno un anno. Arriverebbe un commissario prefettizio che avrebbe una gestione asettica della macchina amministrativa. Chi chiede le mie dimissioni, e sono pochi, coloro che vorrebbero tornare a trasformare parte di alberghi in appartamenti o a ottenere benefici da una politica più accomodante in campo edilizio, non capisce e non vuole capire, che Cortina deve affrontare delle partite importanti».
A cosa si riferisce? «Ad esempio il tema del Codivilla e del suo futuro gestionale non può vedere un commissario a Venezia che batte i pugni per chiedere un ambulatorio in più o servizi maggiori ai cittadini, la fusione tra Gis e Seam non può essere affrontata da un commissario con la volontà di tutelare i dipendenti e le loro famiglie e infine la candidatura ai Mondiali di sci del 2019. Ne abbiamo già persa una perché la Federazione era commissariata, è impensabile presentarsi al congresso Fis con il Comune commissariato. La macchina amministrativa, e di questo ringrazio Enrico Pompanin e tutto il gruppo, sta andando avanti bene. È ora di finirla di dire che è tutto fermo. In questi mesi la giunta ha aperto il bando per Largo Poste, hanno approvato il Pat in consiglio, la palestra di roccia va avanti, ci sono oltre 250 eventi».
«Chi continua a dire che Cortina è ferma e cavalca la mia situazione per scopi personali», sottolinea, «da un punto di vista morale si commenta da sé, e da un punto di vista turistico è autolesionista perché parlare male di Cortina in piena stagione porta solo svantaggi. Io ho sempre difeso Cortina e continuerò a farlo».
L'esilio tuttavia le pesa? «Sì pesa, ma sono determinato più che mai, io voglio che inizi il processo. Sto pagando una pena restrittiva della mia libertà prima ancora di essere processato ed eventualmente condannato definitivamente. Questo lo trovo ingiusto e antidemocratico. Le accuse nei miei confronti per come la vedo io non sono nemmeno tanto gravi, perché la stessa accusa ha sottolineato che non ho perseguito interessi personali. Nella mia vicenda tutti gli amministratori d'Italia che mi stanno contattando per ospitare la presentazione del mi libro si rivedono. A microfoni spenti tutti mi dicono che potrebbero passare le mie stesse rogne in quanto tutti hanno detto ad un vigile cosa fare o ad un funzionare come migliorare un bando per far risparmiare i cittadini. Ma io sono il sindaco di Cortina, dove tutto viene amplificato, ho bloccato speculazioni, ho messo la mia faccia per difendere i lavoratori dopo il blitz dell'Agenzia delle Entrate, ho sicuramente pestato qualche piede. Non è possibile pagare per aver detto ad un dipendente cosa doveva fare».
«Se si paga per dire ad un dipendente cosa fare», conclude Franceschi, «allora la fascia tricolore va indossata dal segretario comunale e la parte politica si può limitare a scaldare le sedie. La faccia con i cittadini ce la mettono i politici eletti e quindi ritengo che possano dire ai dipendenti cosa fare. Ricevo appoggio continuo e costante. Io non mollo e questa situazione che mi vede pagare prima ancora di un processo è definita assurda da chiunque. Spero di tornare presto al mio posto, a casa mia».
Alessandra Segafreddo
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