Comune e Chiesa ai ferri corti per l’Ici

S. Vito. Il sindaco Fiori: «I locali della “casa della gioventù” vengono affittati, altro che luoghi di preghiera. Devono pagare»
IL MUNICIPIO DI SAN VITO
IL MUNICIPIO DI SAN VITO

SAN VITO. Il Comune si costituisce in giudizio davanti alla commissione tributaria provinciale di Belluno per difendersi dal ricorso presentato dalla Fondazione di culto “Opera fides intrepida” contro l'avviso di accertamento dell'Ici del 2007. Gli immobili oggetto del contendere sono di proprietà di una Fondazione di culto del Patriarcato di Venezia, rappresentata da monsignor Antonio Meneguolo. Si tratta dell’edificio noto come “casa della gioventù”, che si trova nella frazione di Chiapuzza. Secondo l'amministrazione comunale, la struttura viene utilizzata come casa vacanze a scopo di lucro; secondo la Fondazione, invece, è solo un luogo di culto e pertanto non deve pagare l'Ici.

Il 14 settembre è stato emesso a carico della Fondazione un avviso di accertamento riferito all'Ici del 2007; a novembre, la Fondazione ha presentato ricorso, sottolineando che l'immobile è adibito a culto e che pertanto non intende pagare l'Ici. Il Comune ha deciso così di costituirsi in giudizio.

«Fanno i furbi e cercano di non pagare l'Ici dovuta», dichiara il sindaco Andrea Fiori, «nello stabile in questione gli alloggi vengono infatti affittati come stanze per villeggiatura. In inverno ci sono turisti che soggiornano una settimana o anche due: arrivano pullman interi di polacchi e di altri stranieri, e anche famiglie italiane. Noi non discutiamo sul fatto che la “casa della gioventù” venga usata per fini turistici, ma non ci possono dire che è un luogo di culto. Forse dentro diranno anche qualche preghiera, ma non è un luogo di culto, non è una chiesa. L'immobile inoltre ha una cubatura importante, è grande, e può ospitare parecchie persone; quindi la Fondazione ha un guadagno ad affittare i locali e il Comune chiede solo quanto dovuto relativamente all'imposta sugli immobili. Qui non si può parlare di luoghi di culto: non sono certo chiese, ma case vacanza che vengono affittate. Ed è giusto che paghino l'Ici come tutti gli altri possessori di seconde case. Il conto finale dell'imposta che ci spetta è di diverse migliaia di euro, che sono ancora più preziosi in questo periodo di ristrettezze economiche per le casse comunali. Ora deciderà la commissione; ma, considerando che l'ufficio tributi ha predisposto uno schema di controdeduzioni dal quale emergono le ragioni che hanno portato l'ufficio ad emettere le richieste di pagamento dell'Ici pregresso, siamo più che tranquilli: chiederemo dunque l'Ici degli scorsi anni e anche l'Imu dell'anno in corso».

Alessandra Segafreddo

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