Comuni bellunesi prosciugati dal federalismo fiscale

In otto anni sono arrivati quasi 40 milioni di euro in meno. L’allarme dello Spi Cgil. La segretaria provinciale Maria Rita Gentilin: «Rischiamo l’aumento delle tasse»



Comuni bellunesi “prosciugati” dal federalismo fiscale: nel 2018 dallo Stato sono arrivati quasi 40 milioni di euro in meno rispetto a dieci anni prima. E si rischia l’aumento dei tributi. L’allarme viene lanciato dallo Spi Cgil regionale e provinciale, in base all’indagine svolta dalla segreteria veneta dei pensionati della Camera del lavoro.

A dieci anni dalla legge sul federalismo fiscale fortemente voluta dall’allora ministro per le Riforme Umberto Bossi, e a otto dalla concreta applicazione della riforma, lo Spi Cgil del Veneto ha analizzato l’impatto di quel provvedimento su tutta la Regione rilevando anche per i comuni bellunesi un effetto boomerang che sta mettendo in crisi le casse delle amministrazioni locali. Secondo lo studio del sindacato, infatti, con il federalismo i trasferimenti dallo Stato ai Comuni sono crollati del 70,8%, passando dai circa 55 milioni di euro del 2009 ai 16 milioni di euro del 2018. Di contro si sono impennati i tributi locali che, sempre secondo il report dello Spi Cgil, sono cresciuti di un terzo rispetto al 2009, dai circa 46 milioni e 700 mila euro prodotti dall’Ici agli oltre 61 milioni e 700 mila euro del 2017 derivanti dalla somma di Imu e Tasi.

Nello specifico, il comune di Belluno ha perso quasi 4,5 milioni di euro di entrate correnti tra il 2009 e il 2017, mentre a Feltre si sono persi 1,6 milioni; 1,3 milioni non sono più entrati nelle casse di Canale d’Agordo, mentre ad Agordo si sono persi quasi 800 mila euro. «Questa situazione», commenta Maria Rita Gentilin, segreteria generale dello Spi Cgil di Belluno, «ci preoccupa molto. Anzitutto dal 2019 viene meno il decreto blocca tributi introdotto dal governo Renzi e dunque i Comuni che hanno ancora uno spazio fiscale potranno aumentare le aliquote delle tasse locali. Da questo punto di vista saremo in prima linea nell’ambito della negoziazione sociale con i sindaci affinché gli eventuali incrementi non vadano a toccare le fasce più deboli della popolazione, in primis i tanti anziani che vivono nel Bellunese. Inoltre vigileremo affinché non venga toccata la spesa sociale».

L’allarme dello Spi di Belluno tiene conto anche di un contesto territoriale caratterizzato dal problema dello spopolamento: dal 2015 al 2018 la provincia ha perso circa 3 mila abitanti, passando da 207.894 residenti a 204.900. Ma la popolazione è sempre più anziana e ormai rappresenta il 26% del totale degli abitanti: gli ultrasessantacinquenni sono 53.484 e fra questi circa 16 mila hanno più di 80 anni. «L’invecchiamento della popolazione non è un fatto negativo, anzi», commenta Gentilin. «Però necessita di politiche adeguate in particolare su un territorio in cui il rischio isolamento è sempre molto elevato. La nostra preoccupazione è che con il diminuire della popolazione, i comuni siano costretti ad aumentare le tasse per riuscire a mantenere sane e operative le loro casse. E questo rischia di ricadere proprio sulla popolazione anziana, che rappresenta la percentuale più alta in questa provincia».

«Come Spi», continua Gentilin, «anche basandoci su questo report socio-economico, continueremo a confrontarci a tutto campo con gli enti locali tramite la negoziazione sociale per identificare politiche adeguate soprattutto a favore delle fasce più deboli della popolazione. Dai trasporti all’utilizzo dei soldi recuperati con la lotta all’evasione fiscale, dalle politiche per il contrasto alle discriminazioni a quelle abitative e del territorio, dalle esenzioni sui tributi alla lotta contro il gioco d’azzardo». —



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