Concluse le analisi: era larva di piralide
BELLUNO. Erano larve di un parassita della frutta, verdura e del mais, chiamato “piralide” quelle finite sfortunatamente nel piatto dell’ospite della villa Gradenigo a Belluno, gestita dalla Sersa agli inizi di giugno.
A oltre un mese di distanza dai fatti, nei giorni scorsi sono arrivate le analisi chimico-fisica dell’Arpa di Treviso, dove era stato inviato il campione prelevato dal Servizio igiene degli alimenti dell’Usl n. 1 dopo la denuncia dell’episodio. Dalle analisi emerge che si è trattato di piralide. Ora l’Usl n. 1, tramite il suo servizio diretto dal dottor Oscar Cora segnalerà alle autorità giudiziarie competenti quanto accertato, in quanto si ipotizza la violazione penale della legge 283/62, oltre che alla Asl di Lecce, dove ha sede la ditta che rifornisce la Sersa, e anche alla Regione Veneto.
Il verme che aveva fatto scattare le indagini sanitarie era stato trovato da un’ospite di villa Gradenigo in una porzione di peperoni. Del fatto era stata avvisata subito la direzione della Sersa che aveva provveduto a ritirare il prodotto e a rispedire l’intero lotto acquisto al magazzino intermedio. Ed è qui che l’Usl, a una settimana di distanza dall’increscioso episodio, non appena ha ricevuto la denuncia, è andata a recuperare i suoi due campioni di materiale da mandare ad analizzare, materiale che nel frattempo è stato posto sotto sequestro. E “per fortuna” in uno di questi è stato trovato un altro verme rendendo possibile, così, risalire a cosa sia accaduto.
«La piralide dallo stato larvale diventa una farfalla e comunemente si trova sulla frutta, sulla verdura e nel mais. Ma mentre per le coltivazioni è dannosa, per fortuna per la salute dell’uomo non lo è», rassicura il dottor Cora che prosegue: «La larva attacca la verdura, in questo caso i peperoni, e se il trattamento antiparassitario non viene completato, è possibile che trovi campo libero e si insinui all’interno dell’ortaggio. Sicuramente il prodotto non è accettabile».
La ditta, intanto, ha già bloccato, già all’epoca della denuncia, il lotto in questione, ma a quanto risulta all’Usl è in fase di ritiro anche degli altri lotti finiti in paesi diversi.
La ditta ora può richiedere una revisione delle analisi. Passato questo tempo, toccherà alla magistratura decidere la distruzione del materiale sequestrato. (p.d.a.)
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