Condannata al lavoro gratuito per un anno intero

E' la pena accettata da una bellunese impiegata in un municipio per non "bruciarsi" la condizionale
L’interno di un’aula di tribunale
L’interno di un’aula di tribunale
BELLUNO. Un anno di lavoro di pubblica utilità, come impiegata all'ufficio tecnico di un Comune della Valbelluna, per non "bruciarsi" la sospensione condizionale della pena. È la sorte toccata ad una bellunese di 43 anni che ha patteggiato un anno di reclusione e 400 euro di multa per truffa, pena sostituita con lavori di pubblica utilità. Per ottenere un finanziamento di 10.000 euro da tre finanziarie diverse falsificò la firma dei titolari dell'azienda per cui lavorava. Non solo. Usò anche i timbri della ditta e ogni volta che dalle tre finanziarie arrivavano le lettere al lavoro, lei le sottraeva, nascondendole. Da qui, oltre al falso e alla truffa, anche l'accusa di sottrazione di corrispondenza. La vicenda risale al periodo tra il 2006 ed il 2007. La donna (difesa dall'avvocato Roberta Resenterra), già all'epoca, per estinguere alcuni debiti, aveva acceso a suo nome un prestito presso una finanziaria alla quale aveva ceduto un quinto del suo stipendio di impiegata presso una ditta di articoli e abbigliamento sportivi del Feltrino. Ma i soldi non le bastavano e aveva bisogno di altri prestiti. Non potendovi accedere a suo nome, la donna congegnò il diabolico meccanismo con firme false dei titolari che avvallavano i nuovi finanziamenti, usando i timbri dell'azienda. Essendo impiegata, la donna aveva anche competenza sulla corrispondenza. Per questo, ogni volta che arrivavano le buste intestate delle tre finanziarie presso le quali aveva acceso i nuovi prestiti, lei si appropriava delle lettere, seppure fossero indirizzate alla sua ditta. Il congegno truffandino fu scoperto dai titolari della ditta, quando la donna per tre mesi rimase a casa, in malattia. Le finanziarie, allora, si fecero vive presso i titolari della ditta che nulla sapevano del retroscena truffaldino e che denunciarono la dipendente, licendiandola per giusta causa. Ieri mattina la vicenda giudiziaria è emersa nel corso dell'udienza dibattimentale, davanti al giudice Elisabetta Scolozzi. La donna ha patteggiato un anno di reclusione e 400 euro di multa. Il suo difensore, l'avvocato Roberta Resenterra, in virtù di un piccolo precedente, è riuscita a non far "bruciare" la condizionale della sua cliente (e quindi a non farle scontare la pena in galera), trovando un accordo prima con la procura e poi con un Comune della Sinistra Piave per accedere al programma di lavoro di pubblica utilità. Per un anno la donna dovrà lavorare a gratis come impiegata presso l'ufficio tecnico.

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