«Condotte inaccettabili», l’Usl Dolomiti sospende una guardia medica
BELLUNO. Sarà il Collegio arbitrale veneto della medicina generale a decidere i provvedimenti disciplinari a carico della dottoressa A.L., guardia medica della sede di Cadola. Per lei, nel frattempo, l’Usl 1, proprio nei giorni scorsi, ha deciso la sospensione cautelare per tutelare i pazienti ma anche l’immagine stessa dell’azienda.
Nei confronti della dottoressa, di origine straniera, che da diverso tempo lavora per l’Usl dolomitica, è stata chiesta il 12 e 22 giugno scorsi l’apertura di due procedimenti disciplinari al Collegio arbitrale. A questi fatti, però, come si legge nella delibera del direttore generale Adriano Rasi Caldogno, se ne sono aggiunti altri, «altrettanto gravi, in corso di contestazione, commessi dalla dottoressa il 15 e il 16 giugno. E tali fatti», come si legge ancora nella delibera, «sono di gravità tale da proporre, con il parere favorevole del direttore dei Servizi socio-sanitari, un provvedimento di urgenza di sospensione cautelare del rapporto convenzionale. Il medico ha contravvenuto gravemente ai doveri spettanti ai medici di continuità assistenziale, vale a dire le guardie mediche».
«Questo provvedimento», dice il dg, «lo abbiamo preso per l’interesse pubblico e per evitare la reiterazione delle condotte contestate e in corso di contestazione, condotte che potrebbero essere gravemente pregiudizievole nei confronti degli assistiti. Fatti che sono inequivocabili».
Da quanto è trapelato, la dottoressa si sarebbe presentata in ritardo al lavoro o sarebbe uscita prima della fine del suo turno. Ma anche la referente della Fimmg per la continuità assistenziale, Maria Luisa Calabrò si dice contrariata da questo comportamento e si schiera dalla parte dell’Usl. «Come sindacato sosteniamo i lavoratori che si comportano bene. Da parecchio tempo erano conosciuti questi comportamenti inaccettabili, ma l’Usl ha cercato sempre di trovare una soluzione. Io stessa avevo cercato di avvisare la dottoressa in merito a questi fatti di cui esistono molte testimonianze, ma non mi ha dato ascolto».
«È una brutta storia», conclude Calabrò, «anche perché ne va di mezzo la salute delle persone. Da anni la dottoressa lavora per l’Usl, prima in sedi periferiche, poi è passata nell’area di cui io sono responsabile, quella di Cadola. Ora la parola spetta al Collegio arbitrale veneto». —
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