Confronto in aula tra testimoni

I giudici districano la matassa di relazioni intorno a Fanigliulo, ex comandante dei carabinieri a Mel
MEL-LENTIAI. Incontri. Formali, in caserma. Informali, al bar del paese. Tutti legati da un filo, anzi da un nome: quello del maresciallo Cosimo Fanigliulo, al centro di un processo che ieri ha tenuto impegnata per oltre cinque ore l’aula penale del tribunale di Belluno. E non è ancora finita: tra un mese nuova convocazione per concludere, in teoria, l’esame dei testimoni dell’accusa (iniziato il 21 settembre, tre udienze fa) e passare la parola agli imputati. Cinque in tutto, accusati a vario titolo: oltre a Fanigliulo (abuso d’ufficio, omissione d’atti d’ufficio, falso in atto pubblico, arresto illegale e lesioni volontarie) ci sono Fabio Cavalet, Armando Vello, Nicola Eramo e Giovanni Agricola.


Tutto è partito da una multa per eccesso di velocità ma le indagini si sono poi allargate all’arresto dell’ambulante africano Lucky Osarenkhoe e agli orari di servizio dell’allora comandante della stazione di Mel. Il caso Osarenkhoe, già ampiamente trattato nel corso della scorsa udienza, è stato nuovamente approfondito in aula con le testimonianze di due carabinieri che al tempo erano in servizio a Mel.


Militari che hanno conosciuto da vicino Fanigliulo e le cui testimonianze contribuiscono all’intricata vicenda che vede protagonista il maresciallo. L’attenzione del collegio presieduto dal giudice Paolo Velo si è concentrata in particolar modo sui rapporti tra un testimone e l’assistente di polizia locale autore dell’esposto in procura che diede il via alle indagini, già sentito nel corso del processo. Velo ha chiesto al testimone se i due si fossero mai parlati di quanto accaduto in caserma prima delle denunce. Il carabiniere ha spiegato che l’assistente di polizia gli parlò della revoca del porto d’armi che pendeva su di lui per una questione di dissidi con i vicini e di averlo consigliato di fare denuncia se, a suo parere, c’erano state irregolarità nella vicenda della multa. Una versione che ha portato il pm Roberta Gallego a chiedere un confronto proprio con l’altro testimone, in aula per seguire l’udienza, che ha raccontato di aver raccolto alcune confidenze del carabiniere in un bar di Santa Giustina ma solo alcuni mesi dopo. Altri due incontri erano avvenuti in precedenza ma erano rimasti circoscritti alla vicenda del porto d’armi.


Lo stesso militare è stato poi sentito sugli orari di lavoro di Fanigliulo: ne aveva tenuto traccia, a suo dire, su consiglio di un suo superiore, il comandante del Norm di Feltre Alberto Cominelli (anche lui presente ieri tra i testimoni) durante un incontro informale a Busche. Circostanze delle quali il giudice Velo ha chiesto conto a Cominelli che però ha negato di aver dato direttive in questo senso e di non ricordare se gli fossero arrivate segnalazioni di discrepanze negli orari di lavoro di Fanigliulo rispetto a quanto dichiarato ufficialmente, nonostante gli fossero giunte diverse lamentele sul carattere e sugli atteggiamenti del comandante di stazione. Una «sequela di non ricordo», come l’ha definita il giudice Velo, che è costata a Cominelli un rimprovero.


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