Congelati i fondi della rigenerazione urbana. Massaro: «Grave danno per la città»

Cinque grandi progetti stanno per essere appaltati, in totale su Belluno ci sono investimenti per 35 milioni di euro


Da una parte il governo celebra l’uscita dall’austerità e gli investimenti per i Comuni. Dall’altra congela fino al 2020 un programma che, a livello nazionale, vale più di 2 miliardi di euro. Il sindaco di Belluno, Jacopo Massaro, proprio non ci sta, così come i suoi colleghi dei 100 capoluoghi italiani risultati destinatari dei finanziamenti del “Bando periferie” per la rigenerazione urbana. L’emendamento inserito nel decreto “Milleproroghe” è arrivato come un fulmine a ciel sereno e per Belluno gli effetti sarebbero pesanti. «Basti solo pensare che abbiamo cinque grandi opere che stanno andando in appalto (Gabelli, ciclabile Antole-Casoni, Caserma Piave, rifacimento del piazzale della stazione, Parco del Piave, ndr) e per cui contiamo di iniziare i lavori nella primavera 2019», sottolinea Massaro.

«Sulla rigenerazione urbana Belluno, fino al 30 giugno 2018, ha già impegnato oltre 1.100.000 euro». L’emendamento al “Milleproroghe” dà seguito alla sentenza della Corte costituzionale numero 247 del 2017 relativa allo sblocco degli avanzi di amministrazione di Comuni, Province e Città metropolitane. «In questo modo il governo ottempera alla sentenza e consente ai Comuni di utilizzare avanzi nel limite di 140 milioni di euro nel 2018», commenta Massaro. «Per consentire questa manovra, però, congela il “Bando periferie” fino al 2020. Ci troviamo di fronte a una situazione gravissima, che mette in crisi il tema della rigenerazione urbana, il più moderno a livello europeo per lo sviluppo socio-economico. Che alternativa c’è alla rigenerazione per far ripartire l’economia? Altro consumo del suolo?».

Per tutti i progetti di cui è capofila, Belluno ha già impegnato (e in parte liquidato) le spese per la progettazione definitiva ed esecutiva. Si aggiungono le azioni di cui Palazzo Rosso è partner (ad esempio la cittadella della sicurezza e la riqualificazione avviata dalla Filù).

«Gli avanzi di amministrazione che si andrebbero a sbloccare – per Belluno parliamo di circa 10 milioni di euro – sono inferiori sia al valore movimentato dalla rigenerazione che alle risorse statali trasferite», continua Massaro, ricordando che la convenzione firmata tra il capoluogo e il Consiglio dei ministri prevede per Belluno un finanziamento statale per la rigenerazione che ammonta a 18 milioni di euro (2, 1 miliardi a livello nazionale). A questi, vanno aggiunte ulteriori risorse, pubbliche e private, per 17 milioni (1,7 miliardi in tutta Italia).

«Parliamo di 35 milioni di euro per Belluno e 3,8 miliardi di euro in Italia, quasi mezzo punto percentuale di Pil», commenta il sindaco, che ieri mattina ha subito preso contatto con l’Anci e ha scritto a tutti i parlamentari bellunesi affinché si cancelli l’emendamento. «La questione tornerà in aula a settembre e abbiamo circa due settimane di tempo per fermare questa norma di inaudita gravità», dice ancora.

«Gli effetti del congelamento sarebbero anche altri: i Comuni hanno destinato gran parte dello spazio di patto del 2018 (Belluno lo ha occupato interamente per 700 mila euro) al cofinanziamento della rigenerazione. Se ora ci dicessero che possiamo utilizzare quei soldi per altri lavori, sarebbe impossibile, perché non ci sono i tempi tecnici per redigere un progetto esecutivo entro l’anno, così le risorse finirebbero ancora in avanzo di amministrazione».

Non trascurabile le ripercussioni su privati e imprese: «Far slittare i lavori al 2020», conclude, «porterebbe alla rinuncia da parte di molti partner privati e alla conseguente perdita di lavoro per le imprese. È questa la strategia del governo per far ripartire il paese? ». –
 

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