«Cordele, perché pagano solo i bellunesi?»

L’associazione Vivaio Dolomiti pone molte domande sulla gestione dei rifiuti e della discarica locale
BELLUNO. Come si spiegano i ritardi nella chiusura ufficiale della discarica di Cordele? Quanto durerà il post mortem (15 o 30 anni)? Perché, se i soldi per coprire i costi del post mortem sono in un fondo vincolato in Provincia, per oltre un decennio il Comune ha fatto pagare ai suoi cittadini lo smaltimento del percolato? Domande poste dall’associazione Vivaio Dolomiti, che analizzando il mondo rifiuti ha trovato «poca trasparenza», spiega.


Da Cordele il discorso si allarga alla provincia: troppi i sistemi di raccolta, pochissime le informazioni che filtrano da chi dovrebbe decidere il futuro di questa partita. E allora Vivaio Dolomiti si chiede: «Esiste una strategia o si naviga a vista? Lo abbiamo chiesto, a più riprese, senza mai ottenere una risposta».


«Avevamo proposto di istituire un gruppo di lavoro in Provincia, che analizzasse la questione e proponesse una strategia», continua Gianni Pastella. «Non si può continuare a raccogliere i rifiuti senza sapere cosa conviene riciclare, cosa di quello che i cittadini separano si avvia effettivamente al recupero, senza avere un ciclo dei rifiuti che si chiuda all’interno del territorio». Senza sapere, aggiunge l’associazione, quanto costa effettivamente un servizio. La tariffa, per legge, lo deve coprire interamente, e se non accade si crea un debito. Rischioso, in un territorio che ha già vissuto problematiche di bilanci con la gestione dell’acqua.


Delicato il
caso di Cordele
. Discarica costruita negli anni ’80 in un sito, spiega l’ingegnere chimico ed ex assessore provinciale all’ambiente Piero Balzan, poco idoneo, visto che vi erano molte infiltrazioni di acqua. Tanto che «agli inizi degli anni ’90 gli argini della prima vasca stavano cedendo, e si è deciso di svuotarla e travasare tutti i rifiuti nella seconda, appena realizzata. Quanto è costata questa operazione?». Ma Cordele ha generato anche un altro problema: «Nel 2001 o 2002 c’era un enorme buco nei conti. Perché? Perché le tariffe di conferimento erano state tenute troppo basse dal Comune. Lo ha segnalato anche la Regione». La Provincia allora autorizzò un aumento, necessario.


Chiusa la discarica, il Comune avrebbe dovuto preparare un progetto per la gestione del post mortem (manutenzioni, smaltimento del percolato, ecc). «Mai fatto», aggiunge Balzan. «E non se ne capisce il motivo». Non aver preparato quel progetto ha congelato i soldi deputati a pagare il post mortem. Si trovano in un fondo vincolato, in Provincia, alimentato durante gli anni di apertura della discarica attraverso le tariffe.


«Fino ad oggi lo smaltimento del percolato prodotto dalla discarica nella quale hanno conferito rifiuti i due terzi dei comuni della provincia è stato pagato solo dai cittadini di Belluno, visto che sono stati usati soldi del bilancio per pagare lo smaltimento», continua. «Nel 2012, sollecitato da alcuni consiglieri comunali di maggioranza, avevamo fatto una riunione con la Provincia nella quale era stato spiegato cosa serviva. Perché il Comune non ha ancora presentato quel progetto? E oggi parlano di fare un depuratore. Ma un impianto del genere funziona solo se deve trattare liquido carico, non l’acqua sporca che esce dalla nostra discarica!».


Domande per avere «trasparenza», conclude Vivaio Dolomiti. «Dove stiamo andando? Come si pensa di gestire i rifiuti? Parliamo di autonomia e non riusciamo neanche a mettere d’accordo tutti i Comuni nel fare una gestione unitaria?».
(a.f.)


Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi