Cormorani, caso ancora aperto

I pescatori del Bacino 10 hanno investito 50 mila euro nelle semine di pesce ma temono i predatori

FELTRE. I pescasportivi si rinnovano utilizzando la tecnologia – dalla webcam per tenere sotto controllo le condizioni del Piave a Caorera alla app per cellulare che consentirà via cellulare di segnalare inquinamenti e anomalie lungo il fiume – ma i problemi che si trovano a fronteggiare rimangono quelli vecchi. A partire dagli uccelli ittiofagi, i cormorani in primis, che decimano la popolazione di pesce faticosamente difesa dagli stessi pescasportivi a suon di rilasci di migliaia di esemplari di pesce.

È stato questo uno dei temi al centro, ieri mattina all’istituto canossiano di Feltre, dell’assemblea annuale dei pescasportivi del Bacino 10 Acque feltrine.

Un’associazione alieutica, quella guidata dal presidente Mattia Paoluzzi, che continua a crescere sul piano dei numeri, con 808 iscritti, senza comunque timori di contraccolpi negativi sulla fauna ittica: le uscite sono infatti calate nel giro di un anno dal 14 mila a 12 mila e lo stesso indice di pescato è calato da 0,67 nel 2016 a 0,65 nel 2017. Senza considerare la grande diffusione della pratica “catch and release”, che prevede il rilascio del pesce una volta catturato all’amo.

Il maggior numero di tesserati, ha sottolineato Paoluzzi, significa invece più soldi dalle tessere da investire nelle semine di pesce nelle acque feltrine. E il Bacino 10, così, nel corso del 2017 ha potuto investire oltre 50 mila euro in questo su un bilancio di 85 mila euro, che comprende anche 12 mila euro ricevuti dalla Regione per l’acquisto di attrezzatura. Semine possibili anche al lavoro a pieno regime dell’incubatoio di Schievenin, che ha permesso la semina di 150 mila trote fario.

L’altra faccia della medaglia, però, è costituita dal fatto che gran parte di quel pesce poi finisce nella pancia dei cormorani e degli altri uccelli ittiofagi. «Quando noi abbiamo la pesca chiusa calano dal nord e vanno ad aggiungersi a quelli ormai stanziali, il nostro timore è che facciano un disastro durante l’inverno», ha spiegato il presidente Paoluzzi.

E i pescasportivi feltrini premono perché il problema venga affrontato non solo all’Ispra, l’Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale, ma anche in sede europea.

«Il problema è ormai sovranazionale», dice Paoluzzi, «e per questo ci sono contatti anche con la Germania e la Svizzera, ogni cormorano mangia 400-450 grammi di pesce al giorno e noi siamo costretti a seminare tantissimo per raccogliere molto poco. La fortuna è che molti praticano il “no kill” e dunque il pesce che catturano viene poi rimesso in acqua».

I pescasportivi, è stato sottolineato durante l’assemblea, fanno comunque la loro parte anche imponendo il rispetto delle regole di pesca: la vigilanza di Bacino nel 2017 ha elevato una decina di verbali e i probiviri hanno inviato parecchie lettere di sospensione e di censura a pescatori che hanno sgarrato.

I pescatori dunque, ha assicurato Paoluzzi, continueranno a fare la loro parte per la tutela ambientale. Magari usando la nuova app “Sentinelle della Piave” annunciata da Claudio Canova della Federazione dei Bacini di pesca, che permetterà soprattutto alla vigilanza venatoria ma anche agli appassionati di segnalare in tempo reale casi di intorbidimento delle acque e fatti anomali. Ma anche buttando l’occhio dal computer o dal cellulare al sito del Bacino www.bacino10acquefeltrine.it dove, grazie al supporto della Pro loco di Caorera e di Walter Zanella, si possono vedere le immagini in tempo reale del Piave, grazie alla nuova webcam in alta definizione.

Stefano De Barba

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