Cortina, don Ivano devolve le offerte alla gente di Alverà

Primo gesto applauditissimo del nuovo parroco In basilica anche i fedeli di Pedavena: «Siete la mia storia»

CORTINA. Alla comunità di Alverà è andato il primo pensiero del nuovo parroco decano di Cortina don Ivano Brambilla. Ieri, terminata la messa per il rito di ingresso, presieduta dal vescovo di Belluno-Feltre monsignor Renato Marangoni, don Ivano ha rivolto alcune parole ai fedeli. «Il mio primo pensiero», ha detto, «va alla comunità di Alverà, così tanto provata dalla colata che la notte fra il 4 e il 5 agosto ha danneggiato la frazione e stroncato una vita. Il mio primo atto sarà devolvere le offerte di questa messa al conto corrente aperto per aiutare i cittadini di Alverà. Lunedì faremo il versamento in Cassa Rurale di quanto raccolto».



Hanno applaudito più volte il loro nuovo parroco decano i fedeli, a centinaia nella basilica dei Santi Filippo e Giacomo. Non solo cortinesi, ma anche gli abitanti di Pedavena, Facen, Norcen e Travagola (con in testa il sindaco Maria Teresa De Bortoli), le parrocchie che don Ivano ha lasciato per venire a Cortina, i sacerdoti di Santa Giustina, e i rappresentanti dell’ospedale civile di Belluno. «Queste presenze», ha sottolineato don Ivano, «mi ricordano che io sono qui perché legato attraverso una cordone ombelicale che nessuno trancerà mai al vescovo e alla diocesi di Belluno-Feltre. Voi siete la mia storia».

Don Ivano torna a Cortina. Nella Conca, per cinque anni ha svolto il ruolo di cappellano e in tanti ieri ricordavano il suo impegno, all’epoca rivolto soprattutto alle pastorali giovanili. «Sono andato via da qui con grandi esempi», ha ricordato, «quelli di monsignor Lorenzo Irsara, monsignor Renato De Vido, e don Clorindo. In quei cinque anni ho capito la vita di questa valle e la fede della gente d’Ampezzo. Non posso dimenticare l’insegnamento avuto da voi ampezzani e ricordo solo due persone a titolo di esempio: Tesele Coletina, che aveva una profonda fede, quando una docente straniera le chiese della bellezza delle Dolomiti, rispose che era ovvio fossero stupende perché create da Dio; ricordo anche Frida Colli, una giovane madre: in ospedale, mentre stava terminando la sua vita, le chiesi se fosse arrabbiata, mi ripose che doveva essere sempre fatta la volontà del Signore. Questi semi sono rimasti nel mio cuore».

Ora Don Ivano riprende a camminare con i fedeli ampezzani e dall’altare ha chiesto una mano affinché il seme della fede che ogni cittadino ha dentro di sé non venga soffocato dalla polvere e dalla muffa delle convenzioni, ma che possa germogliare per dare ai bambini un futuro alla luce del Vangelo. «Dobbiamo impegnarci affinché questa chiesa possa diventare la fontana del villaggio», ha concluso, «che ha il dovere di buttar fuori acqua fresca e pulita. Pazienza se passerà chi non ha sete. Noi dobbiamo impegnarci affinché l’acqua della chiesa abbia la freschezza del Vangelo che disseta per l’eternità».

La cerimonia del rito d’ingresso si è svolta come vuole la tradizione. Il sindaco Gianpiero Ghedina ha accolto il parroco a Dogana Vecchia, al confine di Cortina e San Vito. I due in carrozza sono poi arrivati alla basilica dietro al corteo guidato dal Corpo Musicale, seguito dagli Schuetzen e dai Ladini. Sul sagrato della chiesa il sindaco ha dato il benvenuto al parroco e Elsa Zardini, presidente dell’Unione dei ladini, ha omaggiato con un libro don Ivano.
 

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