Cortina, il desiderio di un gioiello
Non nascondiamoci dietro a un dito. Cortina è un gioiello di inestimabile valore. A chi non piacerebbe averla con sé? Basta questo per spiegare, al di là delle proclamate questioni storiche - linguistiche - costituzionali - formali - statutarie - geografiche - politiche, perché attorno a Cortina si è aperta una contesa vera, e non una schermaglia come per Lamon. Guardiamoci bene negli occhi: gli argomenti di facciata, quelli che esprimono una sostanza di alta qualità a un sì per Cortina, trovano appiglio nella tradizione e nella storia lunga quattrocento anni che ha unito l'ampezzano a questa parte di terra ladino-altoatesina.
Su questo dato, vero peraltro (e se non ci fosse non staremmo qui a parlare di referendum), si riesce ad elevare la nobiltà e la legittimità di un'annessione di Cortina all'Alto Adige. Poi, però, siamo schietti: Cortina è un affare per l'Alto Adige e l'Alto Adige è un affare per Cortina. Il punto vero è questo. Perché i reportage sul campo del nostro Toni Sirena lo dimostrano: Cortina è in una fase delicata, di strisciante declino, ha bisogno di ritrovare risorse, stimoli e "privilegi" di carattere economico. E l'Alto Adige vede, nel seducente pertugio di carattere storico-linguistico, una straordinaria opportunità di farsi un sol boccone della località turistica di montagna che con St. Moritz, Chamonix, Cervinia, Aspen e poche altre, è tra le più famose al mondo. Con un discreto investimento (assolutamente alla portata dell'autonomia altoatesina) è possibile immaginare il rilancio e una seconda giovinezza di «Cortina, la bella».
E il governatore Giancarlo Galan capisce perfettamente che in gioco c'è la fisionomia stessa del suo Veneto. Il cui motore è senz'altro il «Grande-Veneto», quello giapponese e laborioso del " distretto" Padova-Treviso-Vicenza, ma che fino ad oggi ha potuto contare sul binomio turistico Venezia-Cortina, un marchio nell'u niverso, un marchio veneto: dalle Alpi al mare, dalle Dolomiti alla Laguna.
Ecco perché rispetto alle altre vicende referendarie dei comuni confinanti che chiedono di entrare nel lussuoso appartamento dell'A utonomia, questa partita è davvero diversa e lo dimostra, da alcuni mesi a questa parte, lo scambio di effusioni e di carinerie tra Galan e Durnwalder.
Chiaro, il primo argomento - per qualsiasi pretesa annessione - resta sempre quello della differenza di risorse, contributi e assistenza che una Provincia autonoma riesce a dare al proprio territorio rispetto a quanto può (e non riesce assolutamente a) dare una provincia o una regione ordinaria. Facciamo un esempio che può sembrare banale: io, automobilista, lungo la strada della Vallarsa, in Trentino, mi trovo a tu per tu con un camoscio. Botta, ungulato abbattuto, danni all'auto per 2000 euro. La Provincia di Trento mi risarcisce fino al 70 per cento. Cioè 1400 euro. Qualche chilometro più in là, oltre il Pian delle Fugazze, la natura è sempre sorprendente, ma il territorio è di un'altra provincia. Se sbatto contro lo stesso camoscio con la stessa auto, nessuno mi risarcirà. Sì, è un esempio banale, ma pratico. Che può farci da guida a tante altre differenze davvero consistenti, che riguardano i settori centrali della sanità, dei trasporti, dello studio. Ma, come ben sappiamo, riguardano anche le attività produttive, tutte in qualche modo assistite tramite contributi a migliorie, a ristrutturazioni, a nuovi piani industriali...
Rispetto a queste tentazioni oltreconfine, Durnwalder e Dellai (e forse più ancora Durnwalder che Dellai) hanno sempre opposto resistenza, consapevoli che l'autonomia è gobidile soltanto finché si è in pochi a goderne.
Ma con Cortina è scattato qualcosa di nuovo. E di assolutamente antico: il desiderio di un gioiello.
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