«Così ingannavo i clienti al telefono»
BELLUNO. Lo squillo del telefono può diventare un incubo. Chiedetene il motivo a quelle centinaia di bellunesi che si sono rivolti alle associazioni dei consumatori per far valere i propri diritti. Da inizio anno, al solo sportello del capoluogo, la Federconsumatori ha attivato 46 pratiche (sulle 94 totali) che riguardano i problemi con il mercato libero. Quasi tutte legate a stipule di contratti attraverso i call center. Quasi tutte presentate da anziani, raggirati dagli addetti dei vari call center.
Ma chi si nasconde dietro la cornetta del telefono. A spiegarcelo è Fulvio, che svela le pratiche tutt’altro che trasparenti di aziende pronte a tutto pur di strappare un contratto a una concorrente. Le sue sono le parole di un pentito, quelle di un addetto di un call center che a un certo punto ha saputo dire basta, rimanendo senza lavoro: «Durante la mia breve carriera in un call center», spiega, «ho perfino inventato a una signora che avevo attivato anche a mia nonna quello stesso contratto della luce che le stavo proponendo. Le ho detto che poteva fidarsi: avrebbe risparmiato i soldi per comprare i regali ai nipotini. L’ho convinta. Mi sono sentito una carogna. Il giorno dopo ho lasciato il call center».
Fino a quel momento, però, aveva usato tutti i trucchi per piazzare i contratti con le chiamate indesiderate. Compreso il peggiore: «Strappare i dati ai potenziali clienti e poi farseli recitare al telefono da un collega di call center. Il tutto per sottoscrivere un contratto all’insaputa del cliente e per assicurarsi la provvigione».
Non sono mancate le offese e le male parole proferite da chi riceve la telefonata: «Quando una persona ci rispondeva in modo scortese, trovavamo il modo di punirla. La segnalavamo ai colleghi. Finiva in una lista con una segnalazione particolare: in un mese veniva chiamata anche sette volte, malgrado avesse chiesto di non essere più disturbata».
Ma come si diventa uno spietato addetto dei call center? Semplice, c’è bisogno di un addestramento: «Ti sottopongono a un corso sul prodotto da vendere, ti affiancano per un giorno a una persona che già ha esperienza e ti danno anche un testo da seguire, ma poi ti invitano a dire tutto quello che ti pare per portare a casa il contratto. Il call center, infatti, va a percentuale e noi lo stesso: venivamo pagati in base a quanti contratti riuscivamo a chiudere. Ma con una franchigia: fino a cinque contratti non si riscuote nulla».
Fulvio non ci mette molto a capire come funziona il sistema: «Eravamo spinti a non essere corretti. Il responsabile ci diceva di fregare in ogni modo la persona che risponde al telefono. Nei call center sembrava di essere in chiesa, con tutte quelle voci che sembravano recitare un rosario. Trenta, quaranta persone a turno, per tre turni, a cercare di vendere contratti tutt’altro che convenienti».
Per stipulare più contratti, si cercano clienti “facili” da convincere, per lo più anziani. «I numeri te li seleziona in automatico il sistema», ricorda Fulvio, «ma dalla voce e dalla data di nascita che riuscivamo a farci dare era ovvio che almeno il 90% era composto da anziani. Venivano considerati più facili da ingannare. E, infatti, le prime settimane le telefonate erano quasi tutte a numeri fissi. Poi, quando sono arrivati anche i cellulari, l’età media si è un po’ abbassata». Non di molto. Perché i vecchi sono più facili da convincere che il nuovo contratto per la luce è migliore del vecchio.
Tante le menzogne raccontate per stipulare contratti: «Quando ci hanno fatto il corso ce lo avevano spiegato: le condizioni erano vantaggiose per un anno. E noi questo eravamo addestrati a dire: che per un anno le tariffe erano più basse. Non accennavamo mai al fatto che dal secondo anno, la bolletta sarebbe diventata altissima». Se qualcuno, un po’ meno allocco, avesse fatto domande, c’era la risposta standard: «Fra un anno, noi richiamiamo per il nuovo contratto». «Tuttavia», ammette Fulvio, «non è mai accaduto che qualcuno sia stato richiamato e informato delle tariffe più alte. Abbiamo infinocchiato un sacco di persone».
Tanti i trucchi per ottenere più contratti possibile. E per avere tutti i dati necessari: nome e cognome dell’utente; data di nascita; codice del cliente. «Il codice fiscale», spiega Fulvio, «era indispensabile, ma con la data di nascita e il nome e cognome, lo potevamo recuperare su internet». Più importante, invece, è riuscire a mettere le mani sul codice cliente. E quindi avere accesso alla bolletta. «Potevamo inventarci quello che volevamo. Potevamo dire che c’era un errore nella bolletta. O che risultava un consumo troppo alto. L’importante era vincere la diffidenza. Talvolta riuscivamo anche a convincere le persone a sottoscrivere il contratto. Quando questo non accadeva, ci organizzavamo da soli».
Il modo più subdolo per siglare veri contratti era il ricorso a telefonate false: «Se l’utente non chiudeva il contratto», racconta Fulvio, «si chiamava il collega di call center che non era al lavoro e fingevamo che fosse il cliente al quale volevamo attivare la fornitura. In pratica, dal mio computer chiamavo sul cellulare il collega che non era al lavoro. Fingendo che fosse caduta la linea, gli dicevo: “Allora lei è il signor Mario Rossi?”. Lui mi rispondeva di sì. E allora io ricordavo: “Ora è pronto per registrare il consenso al contratto?”. A quel punto iniziava la pantomina. Come operatore di call center declinavo le generalità, il collega complice le riconosceva come proprie; rispondeva sì a tutte le domande e il vero cliente si trovava con un nuovo gestore di energia. Così noi intascavamo la provvigione».
Un sistema oleato alla perfezione. «Anche se», confessa Fulvio, «fra di noi c’erano quelli seri che non si prestavano a queste operazioni». Pure Fulvio, però, del giochino si stanca. Dopo poche settimane, assicura. Malgrado 35 contratti gli avessero già fruttato 750 euro. «Un giorno ho raggirato una signora anziana, chiamando in causa mia nonna. Si è fidata di me e io mi sono sentito gelare. Quel contratto l’ho concluso. Ma il giorno dopo me ne sono andato».
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