Così muore il torrente Colmeda
La diga della centrale dell'Acsm è un limite invalicabile. Non c'è deflusso minimo, oltre le paratie non passa una goccia. Il delitto perfetto si consuma nell'impianto della val di Lamen
L’alveo del Colmeda a secco A destra la diga Sotto il titolo il torrente prosciugato Tutta l’acqua è ingoiata dalla diga
PEDAVENA. Da quella parte l'acqua, da questa soltanto sassi asciutti. Di là gli scrosci del torrente che nasce, di qua il silenzio surreale di un ecosistema spento. Il Colmeda si esaurisce in pochi metri.
La diga della centrale dell'Acsm è un limite invalicabile. Non c'è deflusso minimo, oltre le paratie non passa una goccia. Il delitto perfetto si consuma nell'impianto della val di Lamen, dove la diga, i canali e le vasche dell'azienda trentina intercettano il torrente e due piccoli affluenti, all'inizio della loro corsa verso la val di Faont e poi più giù ancora verso Pedavena. Centinaia di metri cubi d'acqua vengono catturati, intubati e spediti a valle in picchiata, a beneficio della centrale idroelettrica, grazie alle nuove condotte, quelle dal diametro di 40 centimetri montate nell'estate 2010.
Ufficialmente per ridurre la turbolenza nei vecchi tubi, più stretti. E' qui che l'acqua perde lo status di bene comune, in barba al referendum e al buon senso. E' qui che dovrebbero venire i "controllori" della Provincia, del comune, della Forestale, se esistesse un minimo controllo sul deflusso minimo vitale. Perché è qui che si uccide un torrente, succhiandolo fino all'ultima goccia, e si distrugge l'ecosistema che da quell'acqua dipende. A luglio dell'anno scorso il Colmeda era un trionfo di cascate, schizzi d'acqua, schiuma e vapori. E tutta la valle, fresca e rumorosa, indossava il suo vestito migliore.
C'era una spiegazione, ovviamente: la centrale era spenta per l'installazione delle nuove condotte, e il Colmeda scorreva libero, riappropriandosi dei suoi argini. E' stata una stagione gloriosa ma breve, forse l'ultima per il torrente di Pedavena. Perché una volta riaccese le turbine, l'acqua è sparita. In paese non se n'è accorto quasi nessuno: gli affluenti che si immettono sul Colmeda poco sopra la centrale hanno salvato l'apparenza, mantenendo bagnato l'alveo e alimentate le pozze. Ma bastava scavalcare il primo degli affluenti, risalendo verso la sorgente, per trovarsi di fronte ad un torrente senza acqua. Senza pesci, senza uccelli, dunque senza vita. La denuncia del nostro giornale, ai primi di settembre, come per incanto ha avuto l'effetto di restituire al Colmeda il deflusso minimo vitale per qualche giorno. Giusto il tempo di lavare qualche coscienza e far scorrere via dalle cronache gli annunci del sindaco Maria Teresa De Bortoli, che prometteva: «Faremo chiarezza, abbiamo chiesto un incontro alla Provincia». Panta rei, tutto scorre, anche le buone intenzioni.
Purché ci sia acqua. Infatti nel giro di una settimana tutto è tornato come prima, forse perfino peggio perché nel frattempo l'estate si è allungata, le piogge si fanno attendere e anche gli affluenti hanno cominciato a gorgogliare, dando segni di stanchezza. Così la valle si è inaridita ulteriormente. Ora è sufficiente salire fino alla diga per capire che qualcosa non funziona nel sistema. Che l'acqua c'è, limpida, verde, freschissima, ma non è più di tutti. Qui viene prelevata e privatizzata per chilometri, senza neppure una goccia di sconto. Dalla diga e dai canali di scolo, non passa neppure un rigagnolo. Tutta l'acqua finisce nella rete dell'Acsm, che poi la restituisce al suo corso naturale ai piedi della centrale, dove tutto torna ad una normalità ingannevole. La val di Faont muore di sete. Trote, merli acquaioli, perfino gli insetti, qui non si vedono più. Con il torrente, sono spariti anche loro.
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