Covid, a sei mesi dalla guarigione il 50% dei pazienti ha ancora sintomi

padova
Le ferite del Covid 19 - che in Veneto ha colpito oltre 421 mila persone - segnano a lungo, a volte in maniera irreversibile. Il virus sembra farsi beffe della cartella clinica con cui il paziente viene dimesso dall’ospedale, negativizzato e guarito dall’infezione. Perché a distanza di tre mesi, otto su dieci continuano ad accusare sintomi e dopo sei mesi ancora cinque su dieci fanno i conti con quei disturbi. A questi, poi, si somma un’altra quota, stimata al 10%, che se ne torna a casa dall’ospedale con una insufficienza respiratoria irreversibile. I dati emergono dal monitoraggio dell’ambulatorio post-Covid che accoglie sia pazienti curati nei reparti padovani che in altri ospedali, coordinato dalla pneumologa Gabriella Guarnieri e allestito nell’ambito dell’Unità di Fisiopatologia respiratoria dell’Azienda Ospedale Università di Padova diretta dal professor Andrea Vianello.
Sono diversi e non tutti correlati all’apparato respiratorio i disturbi post Covid: «In ordine di frequenza abbiamo affaticabilità, dispnea da sforzo, dolori muscolari e articolari, tosse, perdita dell’olfatto, cefalea persistente, vertigini e disturbi gastrointestinali, diarrea in particolare» elenca il professor Vianello, «per altro in qualche caso segnalati anche da soggetti che non sono nemmeno stati ricoverati perché asintomatici o con sintomi molto lievi. Il sintomo respiratorio è certamente quello prevalente ma il quadro è comunque articolato, motivo per cui l’ambulatorio coinvolge anche altri specialisti, come cardiologi, radiologi, angiologi e fisiatri-riabilitatori. La maggior parte dei pazienti che vi afferiscono sono quelli che abbiamo curato in Terapia subintensiva» aggiunge il professore, «ma diversi poi sono arrivati da altri ospedali, sempre dopo polmonite grave da Sars-Cov2».
«I pazienti vengono controllati a tre, sei e dodici mesi dalle dimissioni e fino ad oggi ne abbiamo arruolati 300. Quando vengono in ambulatorio viene fatta la visita pneumologica più una serie articolata di test sulla funzionalità respiratoria per rilevare tutte le alterazioni post Covid» sottolinea Vianello, «che possono essere di natura clinica, radiologica o funzionale. Abbiamo visto che a tre mesi dalle dimissioni l’80% dei pazienti presenta da una a tutte e tre le alterazioni, mentre dopo sei mesi la percentuale scende al 50% per alterazioni funzionali o radiologiche. Non abbiamo ancora dati consolidati per il monitoraggio a un anno» rileva il professore, «anche se la letteratura per ora disponibile parla di un ulteriore miglioramento».
Ci sono però pazienti che risentiranno per sempre delle conseguenze del Covid: «Alcuni vengono dimessi dall’ospedale con un danno permanente tale per cui non recupereranno più la funzione respiratoria normale» conferma Vianello, «di fatto dovranno continuare per tutta la vita l’ossigenoterapia. Danni irreversibili di questo tipo interessano circa un 10% dei pazienti che sono stati curati in Terapia subintensiva. I casi più gravi con alterazione anatomica sono candidati anche al trapianto di polmone. Il tessuto polmonare colpito dall’infezione, infatti, viene sostituito da una cicatrice che non potrà mai più assolvere alla funzione dell’organo».
Lo scopo dell’ambulatorio è principalmente quello di garantire assistenza ai pazienti che risentono delle conseguenze dell’infezione, ma rappresenta anche un osservatorio privilegiato per indagare il virus: «L’attività» conferma il direttore della Fisiopatologia respiratoria, «comprende una serie di indagini bio-umorali e il monitoraggio di diversi parametri che ci aiutano a capire qualcosa di più del virus, soprattutto per individuare quali possono essere i fattori che più predispongono a forme gravi dell’infezione e la sua evoluzione, come possono essere le alterazioni genetiche. Su alcuni stiamo dosando anche gli anticorpi per vedere quanto tempo dura la protezione da una eventuale reinfezione. Si tratta di un patrimonio di dati importantissimo che via via sarà elaborato».
L’ambulatorio è anche un esempio di messa in pratica di due insegnamenti della pandemia: «Sicuramente il modello di presa in carico multidisciplinare del paziente» conferma Vianello, «così come l’utilizzo della telemedicina per il follow up». —
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