Cristiani e musulmani insieme per dire: «Basta violenza»

Alla Marcia della Pace organizzata dalla Diocesi hanno partecipato molte comunità straniere della città: «Siamo tutti parte della stessa famiglia, combattiamo la guerra»

BELLUNO. In marcia per la pace. Per sconfiggere la violenza e costruire un mondo in cui le scuole e gli ospedali non vengano distrutti, le persone non siano costrette a fuggire, dopo aver perso gran parte della famiglia. C’erano almeno duecento persone ieri sera in piazza dei Martiri per celebrare la cinquantesima Giornata mondiale della pace, organizzata nel capoluogo dalla commissione giustizia e pace della Diocesi, dalla Caritas, l’ufficio per ecumenismo e il dialogo interreligioso, Libera e Insieme si può.

Ma a sfidare il freddo c’erano anche il coordinamento Rete immigrazione della provincia, la comunità islamica di Belluno, la comunità evangelica di Sedico, il movimento dei Focolari, la comunità Baha’i di Belluno e la comunità rumena ortodossa. Duecento persone appartenenti a diverse religioni, culture, tradizioni, che con la loro presenza hanno testimoniato un impegno a combattere la violenza, in tutte le sue forme. Superando le divisioni fra i popoli, perché in fondo, «siamo tutti parte della stessa famiglia», hanno sintetizzato gli organizzatori.

Sherif: «Sono fuggito ma non avrei voluto»

La marcia è partita dal teatro comunale alle 17. Grandi e piccoli, cattolici, ortodossi e musulmani, tutti con una candela in mano si sono diretti verso il liston, fermandosi sotto i lampioni simbolo della seconda Guerra mondiale. Ma la guerra è una realtà ancora tristemente attuale. Il lungo elenco dei luoghi del mondo in cui si combatte, letto da Piergiorgio Da Rold di Insieme si può, ha riportato alla memoria conflitti sanguinosi, che durano da decenni e dei quali non si vede la fine. Ne è un esempio la Casamance, in Senegal, regione dalla quale è fuggito Sherif (ne parliamo a parte). Ma ne è un esempio anche la strage di Istanbul, che ha inaugurato nella maniera peggiore il 2017.

«Viviamo una guerra mondiale a pezzi», ha detto Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata. «Terrorismo, criminalità, attacchi armati imprevedibili. A chi giova tutta questa violenza, se non ai pochi signori della guerra?». La violenza, per il Papa, non può essere la cura per il mondo e l’impegno di tutti deve tendere alla costruzione di un mondo diverso. A partire dalla famiglia, auspica il Pontefice, cominciando con l’arrestare la violenza contro le donne e i bambini.

La seconda tappa della marcia è stata in piazza Duomo, fra il municipio e la Prefettura, i luoghi delle istituzioni. Per testimoniare l’impegno civile contro la violenza. Infine la folla si è diretta sul sagrato del Duomo, dove è intervenuto anche il Vescovo Marangoni. «Nessuna religione è terrorista.Mai il nome di Dio può giustificare una violenza», ha detto. «Gesù ha tracciato la via della non violenza. Lui ci ha insegnato che il campo di battaglia nel quale si affrontano pace e violenza è il cuore umano. Ripartiamo da qui, dal nostro cuore, per tracciare il cammino verso la pace».

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