Critica il tecnico dell’assistenza una feltrina assolta
FELTRE. Criticare apertamente ed in maniera anche severa l’operato di un artigiano può costare parecchi grattacapi ed una bella somma di denaro per le spese legali che resteranno a carico delle parti coinvolte. È quanto ha imparato a proprie spese una signora di Feltre, Maria Luisa Beneventi di 77 anni, che nel settembre del 2010 venne querelata per diffamazione da un tecnico dell’assistenza della ditta Miele a seguita di una riparazione insoddisfacente di una lavastoviglie. Il processo è finito a Bolzano in quanto la telefonata nella quale la donna espresse considerazioni considerate diffamanti fu fatta al “call center” “Infotel” con sede ad Appiano al quale la ditta Miele aveva affidato il servizio di contatto con la propria clientela.
La vicenda dimostra però, come sia sempre necessario valutare bene quanto si afferma, se non altro per evitare inattese spese legali. Cosa disse al telefono la signora in seguito querelata? Semplicemente definì il tecnico in questione della Miele (responsabile del servizio assistenza per la zona di Belluno) scortese, non avezzo ad emettere regolare fattura, non professionale.
In relazione all’intervento per la riparazione della lavastoviglie, la donna accusò il tecnico di «aver lavorato in fretta perché voleva andare in montagna e perché non aveva voglia di lavorare».
La centralinista riportò a computer il contenuto della telefonata e la segnalazione (con il giudizio sull’operato professionale del tecnico) finì ai dirigenti della Miele. Qualche settimana dopo l’artigiano querelò la donna per diffamazione. In primo grado, davanti al giudice di pace, Maria Luisa Beneventi venne condannata al pagamento di 258 euro di multa e ad una provvisionale (cioè un anticipo a titolo risarcitorio) di 500 euro. Ieri nel processo d’appello a Bolzano davanti il giudice Leitner, la donna è stata assolta «perché il fatto non costituisce reato». Ad ottenere il ribaltamento della sentenza di primo grado è stato l’avvocato Alberto Berardi, professore universitario di Padova, che ha sottolineato in primo luogo la mancanza di certezza sulla corretta comprensione della telefonata da parte dell’operatrice del “call center” che era di lingua tedesca e che ieri in aula per deporre in qualità di teste (confermando in pieno quanto detto dall’imputata) ha preferito farlo nella sua madrelingua con interprete.
L’avvocato ha poi sottolineato che l’email elaborata (ed inviata alla Miele) sulla base della telefonata era stata riassuntiva (dunque non testuale) e doveva essere considerata espressione di un diritto di critica da parte di chi aveva comunque diritto all’assistenza tecnica.
Mario Bertoldi
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