Da Belluno l’Anpi avverte Renzi «Giù le mani dalla Costituzione»

In 2.500 per ricordare gli eroi della “Nanetti”, 70 anni dopo il rastrellamento nazifascista: «Oggi la Resistenza si fa per la legalità e contro le mafie»

FARRA D’ALPAGO. «Ora e sempre, Resistenza», declamano numerosi giovani. “Bella ciao” intonano altri. E al coro si unisce don Luigi Ciotti, il prete antimafia. I sindaci, con la fascia tricolore, si trattengono – istituzionalmente – poi anche loro si uniscono al coro. Solo il picchetto militare resta impassibile, ma Marco Bortoluzzi, l’anima del raduno, lo ringrazia di cuore per la presenza.

Più di 2500 partigiani e resistenti di ieri e oggi, ieri in Cansiglio; mai visti tanti al tradizionale incontro di settembre. E mai così tanti applausi per un prete, come quelli attribuiti a don Ciotti. Il prete, originario di Pieve di Cadore si commuove quando, a conclusione della cerimonia, gli si fa avanti un’anziana signora che lo abbraccia: «Mi accompagnava ogni giorno all’asilo», spiega lui stesso, trattenendo con difficoltà le lacrime, mentre due agenti della sicurezza lo riparano dall’assalto.

Don Ciotti ha richiamato ieri, all’ombra dei faggi, una folla moltiplicata per cinque rispetto a quella che partecipa all’annuale incontro dei resistenti, organizzato dall’Anpi di Treviso, Belluno e Pordenone. Folla alla commemorazione davanti al monumento alla Resistenza, scolpito da Augusto Murer, ma anche alla celebrazione della messa, con la quale don Ciotti ha aperto la giornata partigiana. Una cinquantina di sindaci, con i gonfaloni (qualcuno di loro si farà fare anche l’autografo dal prete), i rappresentanti di tante associazioni d’arma, in testa numerosi alpini, i parlamentari Puppato e Rubinato, il consigliere regionale Sergio Reolon, che insieme ai sindaci di Feltre e Farra d’Alpago partecipa anche alla messa di don Ciotti, numerosi giovani, persone comuni.

Un lungo corteo ha attraversato la piana, accompagnato dalla banda. Ad aspettarlo, davanti al monumento, il picchetto in armi. Per primo interviene Bortoluzzi, che vive tutto l’anno per questo appuntamento. E che rilancia i valori della Resistenza; prima di salire al microfono confida che è preoccupato del governo di sinistra per la riforma costituzionale che vuol portare avanti. Non parlategli, insomma, di Renzi. La cancellazione del Senato elettivo proprio non la sopporta.

La parola passa poi al neo sindaco di Vittorio Veneto, Roberto Tonon, che fa memoria del rastrellamento nazifascista di 70 anni fa in Cansiglio e della perdita di 480 uomini da parte della divisione Nanetti, per poi aggiungere che «la Resistenza continua oggi: per la legalità, contro la corruzione, per la giustizia, contro ogni tipo di mafie, per l’accoglienza dello straniero che non porta nessuna infezione».

A presentare don Ciotti è Umberto Lorenzoni, presidente dell’Anpi di Treviso, che, in una mattinata settembrina di sole, ma molto fresca, scalda la folla incitandola – anche a nome, come precisa, dell’Anpi di Belluno e Pordenone - contro il rischio che «nell’indifferenza vengano cancellati i valori della Resistenza, primi fra tutti quelli costituzionali. E poi lancia la stessa folla contro i mafiosi e le loro «minacce infamanti, specie a chi lotta per la libertà come don Ciotti».

Lunga l’orazione del sacerdote, ma l’ascolto è attentissimo, nessuno fiata. È pur vero che ad ogni passaggio del prete esplodono gli applausi di consenso e c’è chi grida a squarciagola: «Bravo, bravo».

«Noi dobbiamo liberare la libertà, ieri come oggi», incalza il fondatore del Gruppo Abele e poi di Libera, specificando subito dopo: «Chi non ha lavoro, non ha casa, non ha istruzione è povero e la povertà non rende liberi». Don Ciotti richiama alla responsabilità, all’impegno diretto, non solo la politica, ma «tutti noi, perché non basta commuoversi».

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